La brutta eredità economica del governo

Redazione

Tanti slogan e poca visione. Ora prendere sul serio le ragioni vere della crisi

I discorsi, sarebbe meglio dire i comizi, che hanno segnato la conclusione dell’esperienza del governo gialloverde ne sono il degno epitaffio: molte parole altisonanti, quasi nessuna proposta o visione. Anche per questo trarre un bilancio di questo governo può indurre a confondere gli slogan con i dati di fatto. Gli slogan, la decrescita felice come il sovranismo autolesionista, hanno dimostrato la loro pochezza e si fa persino fatica a discuterne seriamente. Il risultato pratico è altrettanto nullo: questo governo non ha nemmeno combinato i disastri che prometteva, azzeramento della crecita a parte, ha sperperato un po’ di denaro in assistenza mal gestita, ma non è la causa dei pericoli di crisi recessiva. Sarebbe bello se fosse così, vorrebbe dire che basta cambiare politica per uscire da una spirale che viene invece da lontano, per quel che concerne la scarsa produttività, e da fuori per quel che riguarda la contrazione degli scambi internazionali originata dalle guerre commerciali. I paesi che dipendono largamente dall’esportazione manifatturiera sono quelli più esposti, l’Italia come la Germania. Giuseppe Conte ha detto che una “crisi in pieno agosto espone il nostro paese a gravi rischi nell’ambito di una congiuntura internazionale non certo favorevole”. Può essere vero per reazioni immediate dei mercati, ma vorrebbe far intendere che una prosecuzione dell’attività di un governo litigioso e inconcludente avrebbe saputo affrontare con successo le sfide di questa spirale recessiva internazionale. Non è vero. D’altra parte mettere insieme due visioni incapaci di confrontarsi in modo moderno con i problemi della crescita e della sua sostenibilità finanziaria poteva produrre solo una esaltazione propagandistica che ha generato solo spostamenti del consenso. Il governo ha vissuto giorno per giorno, provvedimento per provvedimento, guardando al barometro elettorale e non alla prospettiva non del decennio me nemmeno dell’anno successivo. Un governo di comizianti è finito com’era vissuto. E’ bene che sia finito, ma c’è sempre il rischio evocato dalla vecchia siracusana, che lodava il tiranno presente perché era certa che quello successivo sarebbe sto anche peggiore.

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