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I desideri sindacali non mettono le ali

Le promesse di Di Maio “zero esuberi” sono già una zavorra per Alitalia

Il giorno dopo l’annuncio dell’ingresso di Atlantia nella cordata che rileverà Alitalia, le principali sigle sindacali hanno scelto di restare in silenzio. Poche dichiarazioni per commentare la notizia, in attesa del confronto sul piano industriale, sul quale gli azionisti della nuova Alitalia dovranno prima trovare un accordo tra di loro e poi con i rappresentanti dei lavoratori. L’attendismo è dovuto all’incertezza che prevale sul futuro della compagnia aerea, a partire dal fatto che non esiste ancora un’offerta vincolante e Alitalia resterà in mano ai commissari straordinari fino a data da destinarsi. I sindacati sanno che l’ingresso di Atlantia potrà dare un indirizzo industriale al piano di rilancio della compagnia e si aspettano che la società sappia cogliere le opportunità di sviluppo date dal lungo raggio, anche in un’ottica di valorizzazione dell’aeroporto di Fiumicino.

  

Ma proprio Atlantia potrà rappresentare l’ago della bilancia per modificare il piano provvisorio ipotizzato da Ferrovie dello stato e Delta verso una ulteriore riduzione dei costi che potrebbe coinvolgere anche il personale. Per questo, lunedì, più che incontrare il vicepremier Matteo Salvini per parlare di flat tax, i sindacati avrebbero preferito ricevere un invito dall’altro vicepremier, ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio. Dopo l’ultimo incontro, i primi giorni di luglio, i sindacati si erano detti preoccupati per le indiscrezioni di stampa sui piani di Delta e Fs che hanno svelato l’intenzione di ridurre il perimetro aziendale. A queste preoccupazioni Di Maio ha risposto assicurando zero esuberi, un piano di rilancio – e non solo di salvataggio – nessuna discriminazione tra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Promesse che, per i sindacati, il ministro dovrà mantenere conciliandole però con le esigenze dei partner industriali senza i quali per Alitalia non c’è nessuna possibilità di salvezza. Se in passato sono stati i sindacati a mettere in discussione i piani di salvataggio – vedi il caso Etihad o la reazione all’interesse di Lufthansa – questa volta è lo stesso governo a giocare un ruolo pericoloso. Il silenzio delle sigle sindacali conferma che c’è poco da esultare. Meglio restare coi piedi per terra.