Ndassima, miniera d'oro in Repubblica Centrafricana (LaPresse)

Oltre a Fca. A che punto è l'avventura mineraria di Elkann

Ugo Bertone

Oro, platino e palladio. Così Exor ha accumulato un portafoglio di partecipazioni azionarie nelle miniere d’Africa e Americhe

Milano. Oro, palladio, platino. Non c’è solo la preoccupazione di “sistemare” Fiat Chrysler in una casa comune con Renault e, magari, Nissan, a occupare i pensieri di John Elkann. In questi mesi Exor Investment, il braccio operativo londinese della finanziaria del clan Agnelli si è mosso con decisione sul fronte delle materie prime, con un duplice obiettivo: fare buoni affari approfittando dei bassi tassi di interesse che limitano l’impegno finanziario; accumulare posizioni in metalli strategici per l’industria, specie dell’auto, affamata di materiali che possano ridurre l’impatto delle emissioni sull’ambiente. E cosi, mentre i riflettori degli analisti si concentravano su coreani, Peugeot e finalmente su Renault in cerca di tracce sul futuro di Fca, il piccolo ma agguerrito staff di Exor si concentrava, senza distrazioni, nella sua caccia al tesoro: in meno di un anno, Exor ha accumulato un portafoglio di partecipazioni per un valore superiore al mezzo miliardo di dollari in cui figurano alcuni nomi di spicco dell’industria mineraria. Un processo ancora in corso, come dimostrano i recenti acquisti in New Gold, una società canadese che controlla miniere di oro e rame nelle due Americhe in cui la finanziaria è diventata nello scorso marzo il sesto azionista rilevando poco meno del 15 per cento.

 

Ma assai più rilevanti promettono di essere altri investimenti: la scommessa più impegnativa riguarda Sybanie, proprietario delle più importanti miniere aurifere del Sud Africa oltre a essere il terzo produttore di palladio e platino, materiali strategici per l’industria a quattro ruote, vuoi per le marmitte catalitiche che per le ibride. Un buon affare, visto che il valore della quota, in termini finanziari, è senz’altro destinato a salire dopo la fusione con Lonmin che rafforzerà la sua quota nei due materiali. Ma ci voleva lungimiranza (e solidità finanziaria) per gettarsi nell’affare in un momento molto delicato per la vita del gruppo, dopo un grave incidente in Sud Africa che aveva scatenato rivendicazioni ed aspri scioperi un po’ in tutto il paese. Gli Elkann Boys, come si legge nella lettera agli azionisti, hanno fiutato il buon affare. “Quest’operazione comporterà rilevanti risparmi nei costi ed una maggio efficienza nella realizzazione del prodotto finito”.

 

Le prospettive del mercato, dopo gli anni delle vacche magre, volgono intanto al bello stabile: “I prezzi del platino – si legge ancora – hanno stazionato per anni su livelli troppo bassi per giustificare nuovi investimenti. E così l’offerta è calata mentre la domanda è in costante ascesa, così che oggi si registra un sensibile deficit ed il calo delle scorte. In assenza di nuovi investimenti ci aspettiamo che il gap cresca nei prossimi anni con un forte incremento dei prezzi”. Una profezia azzeccata perché, negli ultimi sei mesi, il titolo è salito del 67 per cento. Intanto il palladio, già vittima del dieselgate, potrebbe di prendersi una rivincita: Morgan Stanley ha messo il metallo in cima alla lista delle commodity più interessanti. L’aspetto finanziario, peraltro, si combina con i vantaggi che il controllo di una fornitura chiave vuoi per le “vecchie” marmitte catalitiche dei diesel vuoi per l’elettrico può avere per un gruppo.

 

Di qui l’interesse anche per altre partecipazioni, acquisite in giro per il pianeta: le miniere di Harmony Gold, in Sud Africa e in Papua Nuova Guinea, o quelle di Novagold Resources, tra cui spicca il bacino aurifero di Donlin, in Alaska, considerato in prospettiva tra i più ricchi del mondo. Senza dimenticare i giacimenti di uranio di Saskatoon, nel Canada profondo. Insomma, la miscela tra tassi quasi a zero e prezzi stagnanti della materia prima hanno offerto a John Elkann la possibilità di pianificare nuovi ricchi dividendi per il clan dopo la pioggia di cedole extra che arriveranno con la fusione tra Fca e Renault. Ciliegina sulla torta. Nel portafoglio figura anche Ocado, start up dell’e-commerce alimentare che in soli quattro mesi è realizzato un guadagno del 400 per cento.

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