Spegnete le sirene protezioniste

Redazione

La fusione Fca-Renault conferma che il giardino di casa non esiste più

Riferiscono le cronache che John Elkann, durante la trattativa per la fusione tra Fca e Renault, abbia vivamente consigliato al partner francese di non includere nel board della nuova società rappresentanti del ministero dell’Economia. È presto per sapere se il consiglio, opportuno, sarà accolto. Ma a suo tempo la pretesa francese di aumentare i diritti di voto nella Régie a scapito di Nissan, fu la miccia che scatenò la rivolta giapponese contro le ambizioni stataliste parigine. Meglio rimuovere il problema fin dalle origini, favorendo il sì dei giapponesi alla grande alleanza, ma anche disinnescare le tentazioni sovraniste di alzare una bandierina italiana sull’operazione, magari con l’acquisto di una quota di capitale, operazione (costosa) di immagine ma di scarsa efficacia in una società che sarà quotata almeno su tre piazze (New York, Parigi e Milano).

 

Ci saranno altre sedi per tutelare l’occupazione italiana (così come quella francese), magari secondo il meccanismo che da più di vent’anni funziona a meraviglia in Stmicroelectronics, la joint venture italo-francese. Assai più importante delle azioni detenute è la governance che i due partner stanno mettendo a punto per creare un gruppo di dimensioni globali in una fase di grande incertezza, in cui la frenata degli acquisti (non solo dell’auto) combinata con la minaccia del protezionismo, rischia di mandare fuori strada le aziende, specie quelle di un paese debole.

 

L’operazione Fca-Renault serve a scongiurare il rischio di una vendita secca nel solco della strada già seguita, con non poche tribolazioni, da Luxottica e che presto potrebbe venire battuta da Unicredit o da altre realtà che godono di ottima salute, come Brembo che non fa mistero di cercare un partner internazionale in grado di arricchire, con il suo contributo, il patrimonio di tecnologie, know-how commerciale e competenze necessario per sfidare i mercati. Non è una fuga all’estero, né una svendita a favore dei barbari, ma l’unico modo per garantirsi un futuro senza dovere vendere l’argenteria. Piaccia o no, anche ai tempi dei dazi di Trump bisogna saper guardare oltre il giardinetto di casa.

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