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Ri-statalisti ignoranti

Paolo Cirino Pomicino

I sovranisti-populisti non hanno cultura di partecipazioni statali. Il caso Alitalia e altri danni

C’era una volta una Italia che aveva nelle mani dello stato il 25 per cento della economia del paese in particolare grazie alle partecipazioni statali tra cui spiccavano L’Iri e l’Eni. Il ruolo storico delle partecipazioni statali non può essere disconosciuto perché ad esse si deve sia la trasformazione dell’Italia da paese agricolo a paese fortemente industrializzato in settori a tecnologia avanzata sia la nascita di quel mondo di piccole e medie imprese che ancora oggi sono la forza del paese e della sua struttura manifatturiera. Le privatizzazioni, che pure dovevano essere fatte, lo furono, però, in maniera maldestra sia sul piano economico-finanziario sia perdendo l’occasione di una internazionalizzazione del nostro capitalismo con quello europeo lasciando a quest’ultimo la libertà di acquistare a mani basse ogni cosa possibile impedendo a sua volta qualunque tipo di reciprocità. L’attuale governo intriso di ignoranza e di arroganza, da sempre sorelle gemelle, pensa di mettere riparo a questo stato di cose rinazionalizzando un po’ di qua e un po’ di là senza alcuna visione politica sul piano internazionale e men che meno con una visione industriale di un paese come il nostro che è ancora la seconda manifattura europea dietro la Germania. Ed allora il sovranismo cialtrone, che all’inizio stimola una risata ma poi diventa pericoloso perché pratica una sistematica rottura della società e un ridicolo isolazionismo internazionale, vuole nazionalizzare la nostra compagnia di bandiera affidando il compito alle Ferrovie dello stato (connubio inesistente in tutto il mondo) senza intrecciarla con un network industriale di respiro internazionale nel trasporto aereo di passeggeri e di merci. La presenza di Delta non assicura, infatti, questo profilo che invece potrebbe esistere, ad esempio, con l’ingresso nella cordata AirFrance-Klm (o in altra analoga) anche pagando un fee di ingresso con un aumento di capitale che farebbe rivivere il nostro logo in una compagnia aerea che è tra le prime al mondo.

 

La cialtroneria, purtroppo, è una cattiva consigliera e spinge ad esempio ad immaginare di sostituire le concessionarie autostradali con lo Stato che non riesce a far funzionare l’Anas con tutto quello che accade sulle strade che ricadono nella sua competenza per carenza di personale e di risorse. Per non parlare dell’acqua la cui massiccia perdita di migliaia e migliaia di litri al giorno in una rete distributiva pubblica vecchia e malandata mette a rischio l’agricoltura e le popolazioni. Quel che sfugge agli studenti mancati che siedono al governo guidati da un presidente professore ma vocato naturalmente alle più risibili bugie, è il fatto che la funzione pubblica può benissimo essere garantita con maggiore efficienza da privati che hanno maggiore cultura industriale, attraverso la determinazione di tariffe e di pedaggi che restano nelle mani dello Stato. In alcuni assett strategici la presenza pubblica può e spesso deve essere garantita e in una economia aperta la presenza di capitali privati italiani e stranieri diventa essenziale in un paese che non ha risorse ma molto debito tanto che la spesa pubblica in conto capitale oggi è di appena del 2,1 per cento del pil. Quel che invece si dovrebbe fare sarebbe di mettere uno stop, sempre con strumenti di mercato ,all’ingresso di capitali di quei paesi che non garantiscono analoga apertura e reciprocità perché oggi la forza di un paese sta nella internazionalizzazione del proprio capitalismo e non in un revanscismo autarchico tipico di un sovranismo frutto di un populismo straccione.

 

La storia del ventesimo secolo quando impazzivano i nazionalismi europei e i populismi sudamericani, tanto per parlare solo dell’occidente, sembra non abbia insegnato nulla al governo tronfio e bugiardo. Ma forse non hanno studiato la storia e non a caso hanno deciso di togliere la traccia storica nella prova di italiano negli esami di maturità a testimonianza di un declino culturale nel quale brillano i due leader chiamati da un destino, questa volta si, cinico e baro, a svolgere la funzione di vicepresidenti del Consiglio. Dio salvi l’Italia dunque ma non si dimentichi quel proverbio che dice “aiutati che Dio ti aiuta”. Lo ricordino gli italiani il 26 di maggio e sappiano che quelli che parlano di disuguaglianze devastanti non spiegano da dove nascono perché non lo sanno e non sapendolo non sanno a chi santo votarsi e rimediano annunciando ogni giorno una nuova nazionalizzazione o una bella novità che poi non arriva mai. E’ questo il sovranismo populista da sempre mallevadore di miserie e di guerre che inevitabilmente approda, poi, ad un autoritarismo prima strisciante e poi conclamato. E’ il modello dell’oriente del mondo, una economia di mercato ed un sistema politico autoritario, ma è anche il tramonto di valori irrinunciabili di un occidente che troppo spesso si distrae.

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