Una nave Saipem di perforazione. Foto Imagoeconomica

Così avanza l'idea di una Saipem senza flotta

Giancarlo Salemi

Indiscrezioni e numeri sull’ipotesi di metamorfosi della controllata di Cdp in società di servizi. Il governo che ne pensa?

Roma. Non è un paese per le trivelle l’Italia. Se anche la sua società di punta, la Saipem sta pensando di vendere la sua attività di drilling, cioè di perforazione, sia onshore che offshore. E' un rumor riportato dall’agenzia Bloomberg e che circola con insistenza negli ambienti finanziari. Un rumor che l’azienda “non commenta”. Venerdì 5 aprile ha divulgato la notizia di una commessa per oltre 200 milioni di dollari in Norvegia e medio oriente che hanno fatto brillare il titolo a Piazza Affari. Eppure di indizi ce ne sono tanti, seminati anche dalla stessa società di San Donato Milanese. 

   

Il primo riguarda l’ultimo incontro dell’amministratore delegato Stefano Cao con gli analisti finanziari, quando alla domanda sulla possibile cessione dell’asset il numero uno della società ha risposto: “Tutte le opzioni sono sul tavolo”. Il secondo invece è stato quando Cao in un Open talk dal titolo ‘Investing in the future: how to take sustainability further?’ ha ridisegnato la strategia operativa di Saipem. “Abbiamo sentito la crisi del settore ed è per questo che ora occorrono azioni forti e immediate. Il futuro passa per un’energy transition senza perdere il know-how del gruppo e nella quale la sostenibilità è globale e interessa non solo l’ambiente ma anche i diritti umani”. E ancora: “Saipem è vissuta fornendo servizi all’industria del petrolio e del gas e ora deve costruire un nuovo paradigma, che non può altro che essere allineato con quelle che sono le richieste e le esigenze della sostenibilità”. Insomma una società sempre più a vocazione green e che potrebbe anche rinunciare alle attività di perforazione. 

   

Lo ricorda bene in un suo report Equita Sim, che ritiene ragionevole una valutazione di circa 1,9 miliardi di euro per la possibile dismissione. “Il drilling garantisce una buona visibilità dei flussi di cassa – si legge – tuttavia riteniamo che il maggior focus di Saipem verso le divisioni Engineering&Construction (E&C), con la possibilità di rafforzare ulteriormente il posizionamento soprattutto nell’offshore, rappresenti una scelta corretta alla luce dei cambiamenti del settore degli ultimi anni”. La sim milanese calcola in particolare che le due divisioni rappresentano il 10 per cento del fatturato di gruppo atteso per il 2019 (889 milioni di euro) e il 30 per cento dell’ebitda (273 milioni, di cui gli analisti stimano 132 milioni offshore e 141 milioni onshore). Gli advisor che si stanno occupando dell’operazione sono Citi e Morgan Stanley e, secondo Mf/Milano Finanza, “nella rosa delle società entrate nel mirino di Saipem ci sarebbero società specializzate nelle perforazioni come Helmerich and Payne, Patterson-Uti e Pioneer Energy services. Contatti sarebbero stati presi anche con la società svizzera Transocean” e tra le candidate “ideali ci sarebbe stata anche la società britannica Noble Co che però al momento ha problemi di cassa e di indebitamento tali da sconsigliare lo shopping”. 

    

Tutto bene, quindi? Non esattamente anche perché il tema che circola negli ambienti che seguono il dossier è che Saipem così, “senza flotte”, diventerebbe quasi più una società di servizi. “Su questo il problema non esiste – dice al Foglio una fonte vicina alla società – Saipem oltre al business di riferimento sta diversificando in altri settori – gas naturale liquido, rinnovabili, decommissioning e infrastrutture – che reggono benissimo il business della società”. “Il vero core business è l'E&C offshore – prosegue – trainato soprattutto dal gas naturale liquido. Anche l'E&C onshore sta dando buoni segnali di ripresa. In più c'è la diversificazione del business, che consente alla società di riposizionarsi su business anti-ciclici (rinnovabili offshore, smantellamento piattaforme, carbon capture)”. Abbiamo provato a chiedere un’analisi a chi nel governo ha la delega per l’energia, il sottosegretario del ministero dello Sviluppo economico, Davide Crippa, ma non ha preferito non rispondere ai nostri messaggi. Molto abbottonati anche in Cassa Depositi e Prestiti che, dopo l’Eni, è il secondo azionista con una quota del 12,5 per cento in Saipem. 

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