Il premier portoghese António Costa (foto LaPresse)

Il Portogallo ha usato l'austerità per crescere e difendersi dagli choc

Alberto Brambilla

"Hanno fatto riforme che hanno fatto recuperare competitività. Lo ha fatto il governo precedente e i socialisti sono andati sulla stessa strada", dice Carlo Cottarelli

Roma. Il Portogallo è molto sottovalutato come storia di successo nella gestione di un programma internazionale di austerità, di stabilità politica e di argine al populismo. “Tutti citano la Grecia e non guardano i casi di paesi con programmi sotto la Troika che sono andati molto bene come Irlanda e Portogallo”, dice Carlo Cottarelli che da direttore esecutivo del Fondo monetario ha monitorato per anni le politiche fiscali europee e in particolare quelle portoghesi. “Hanno fatto riforme che hanno fatto recuperare competitività. Lo ha fatto il governo precedente e i socialisti sono andati sulla stessa strada. Non è vero, come si sente dire in tv in Italia, che hanno invertito la tendenza con politiche keynesiane”.

 

Quali sono i progressi? La disoccupazione ha raggiunto il picco del 16 per cento nel 2013, con i giovani molto colpiti. Ora è al 7 per cento, il livello più basso dal 2004. Si è registrato un forte calo dei disoccupati di lunga durata e una riduzione della disoccupazione giovanile che non supera la media europea. I rendimenti delle obbligazioni portoghesi erano a due cifre nel periodo 2011-2012. Al contrario, il rendimento sull’obbligazione decennale è attualmente intorno all’1,3 per cento, mostrando un notevole miglioramento. Ovvero un livello accettabile per gli investitori che non incorpora un rischio elevato come si evince invece dal rendimento delle obbligazioni decennali italiane, al 2,6 per cento, stabile a questi livelli – se non più alti – dall’insediamento del governo gialloverde. Non solo. La disciplina fiscale è acquisita. Il deficit complessivo nel 2010 è stato circa l’11 per cento del pil. L’anno scorso il deficit si è ridotto e Lisbona è vicina al pareggio di bilancio. Il disavanzo di bilancio si è attestato allo 0,5 nel 2018 e dovrebbe ridursi allo 0,3 per cento nel 2019. Solo un anno, il 2017, ha fatto eccezione per la ricapitalizzazione della Caja general de depositos. Poi aumenterà all’1,6 nel 2023 con il rallentamento della crescita e l’aumento dei pagamenti degli interessi. Traiettoria opposta rispetto a quella italiana in quanto il deficit, secondo le previsioni Ocse, aumenterà fino al limite del 3 per cento nel 2020. Il debito pubblico portoghese ha raggiunto il picco del 130,6 per cento del pil nel 2014, rimane molto alto al 120, e scenderà al 111 nel 2023. Questi progressi hanno rafforzato la resistenza dell’economia portoghese a futuri choc esterni come il rallentamento dell’economia continentale previsto nel corso di quest’anno. Nel 2011 il Portogallo aveva chiesto aiuto all’Unione europea e ha ricevuto prestiti per 73 miliardi di euro entrando nel programma della cosiddetta Troika con Fmi, Commissione e Bce uscendone nel 2014. La svolta sta soprattutto nella capacità di attuare politiche coerenti indipendentemente dai partiti al governo.

 

“Il Portogallo è riuscito a conquistare un livello di credibilità che non aveva mai avuto”, ha ricordato al Sole 24 Ore il ministro delle Finanze Mario Centeno. Il precedente governo conservatore di Pedro Passos Coelho aveva ridotto il deficit e portato il paese fuori dal programma di austerità. Da fine novembre 2015 c’è un governo di centro-sinistra di minoranza guidato dal socialista António Costa, il primo ministro. Il governo è sostenuto da un’alleanza inedita tra il Partito socialista e tre partiti di sinistra Bloco de Esquerd, il Partido Comunista Português e i verdi del Partido Ecologista “Os Verdes”. I buoni risultati hanno stimolato i consumi e aumentato la popolarità dell’esecutivo. Il Partito socialista si avvicina alle elezioni di ottobre con un gradimento del 37-40 per cento. “I socialisti sono andati al governo dicendo ‘basta austerità’ ma hanno tenuto i conti in ordine, aumentando alcune spese e tagliandone altre. E lì, nonostante una recessione forte e il programma della Troika, non esiste il fenomeno del populismo come lo vediamo in Italia. La popolazione portoghese non si fa attirare da ricette semplici e l’uscita dall’euro non è mai stata una questione né tanto meno l’avversione rispetto all’Europa”, dice Cottarelli.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.