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Non mance, ma capitali e lavoro per il sud

Giuliano Ferrara

Nessun assalto ai Caf: il reddito di pigranza non interessa gran che. Il ricordo della card Tremonti e una domanda che dovrebbero farsi i retori della disuguaglianza

Come stiamo? Bene, male, benino, malino, chissà, la domanda ci ruota in capo da anni ormai. Antonello Caporale ci informa sul Fatto, bella e svelta inchiesta: in Basilicata il reddito di pigranza non interessa gran che, spesso non interessa proprio. Il cronista è andato a Bella, a Ruoti, a Pescopagano, a Muro Lucano, a Palomonte, a Sant’Arsenio, piccoli comuni in alcuni dei quali la disoccupazione giovanile è al 50 per cento, come la percentuale ottenuta dai grillozzi alle elezioni, e il reddito pro capite inferiore di 5.000 euro alla media nazionale e di 10.000 euro a quello del nord. Sono luoghi incantati, da Potenza al Vallo di Diano, dove si sta male e anche no, le banche cattive hanno assunto un bel po’ di gente, c’è spopolamento, vero, e i criteri di erogazione del reddito sono costrittivi, per certi versi, ma insomma, alla fine, ecco la notizia: hanno istruito personale navigante negli uffici postali e nei Caf in previsione di un assalto. Zero assalto, nessuna o poche domande. Quanto a quota cento per le pensioni, anche lì poca roba. Sindaci e amministratori sono stupiti, alcuni decisamente attoniti. Doveva essere una mano santa, scrive Caporale, è una mano morta.

 

Anche la media nazionale delle richieste è bassina, meno del cinquanta per cento di quanto previsto, e si diffonde nelle periferie metropolitane, specie in Campania, e al nord, ove sarebbe di rigore “una povertà forse sconosciuta”, forse sconosciuta. In un qualsiasi governo Berlusconi il ministro dell’Economia ebbe la buona idea di varare una card per fare la spesa gratis al supermercato: allora la retorica dispiegata riguardava, come oggi, la rincorsa al fine mese, e vedevi le massaie, le pensionate, i pensionati, che effettivamente faticavano tra i carrelli degli hard discount. Giusta e generosa idea, nemmeno troppo costosa per l’erario, idea di giustizia, ridurre le diseguaglianze. Fu magnificata nelle conferenze stampa e nei talk-show, dove vige il dogma dei cinque milioni di poveri che forse sono quattro, forse sei forse otto, non lo sa davvero nessuno. Quali che fossero i criteri per l’accesso alla card Tremonti, sta di fatto che fu una fatica improba diffonderla per la cittadinanza, fare in modo che fosse richiesta e usata, e alla fine c’era moltissimo inevaso rispetto alle aspettative, la card se ne stava là sola soletta in attesa di chi ne avesse bisogno, e chi rilevava questo strano dato di fatto passava per cinico con la panza piena, per italiano pessima gente incapace di intercettare il dolore sociale. Vabbè.

 

L’Italia è un posto strano. Un anno fa uno diceva: da Metaponto alla piana del Sele tutti grillini e tutti a reddito di pigranza. Ora vediamo come vanno le elezioni in Basilicata, la terra del compianto Emilio Colombo e dei Pittella, ma la prospettiva è molti meno grillini e pochissimi a reddito di stato. Va’ a sapere. Magari i dati cambieranno, bisogna ancora aspettare che si formino le lunghe file, che ci sia l’assalto alle poste e ai Caf. L’opposizione politica e sociale, intanto che si aspetta, in corsa com’è nella lotta alle diseguaglianze e contro la povertà, ora che come dice Prodi non è più il “partito dei ricchi”, forse dovrebbe riflettere, e con essa dovrebbero riflettere cronisti, sociologi, economisti, funzionari dell’amministrazione pubblica, amministratori, sindacalisti. E se per ipotesi il sud aspettasse l’arrivo del capitalismo? Se fossero necessarie gabbie salariali, politiche attive del lavoro, investimenti in tecnologia e infrastrutture, anche pubblici, se fosse necessaria una fiscalità di favore per le imprese, la formazione, l’innovazione come sistema a partire dall’istruzione? Se urgesse un impiego produttivo degli immigrati, da organizzare invece che da sgomberare da un incendio all’altro? Chissà che il sud non abbia la necessità di capitali e lavoro e vie per la produttività invece che di mance? Fatevi la domanda, o retori della disuguaglianza che da oltre un secolo ripetete sempre la stessa inverificata tiritera, e provate a darvi la risposta. 

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.