Alcune persone fanno la fila all'Inps per richiedere il reddito di cittadinanza (Foto LaPresse)

Il reddito di cittadinanza rende del tutto inutile il salario minimo

Giuliano Cazzola

Perché una persona dovrebbe “faticare’’ per 9 euro orari se potrebbe percepire un assegno mensile di 780 euro, seduto sul divano di casa?

Al direttore - “Porteremo la nostra legge per introdurre il salario minimo in Parlamento e mi auguro di vedere sul tema un’ampia convergenza parlamentare. Perché è una cosa giusta. Chi vuole fare gli interessi dei lavoratori non può tirarsi indietro. Il MoVimento 5 stelle è dalla loro parte”. Così è scolpito sul bronzo del Blog delle stelle, dopo che Giggino Di Maio ha deciso di sfidare la ricerca di discontinuità del nuovo segretario dem. Se, nel corso delle sue peripezie universitarie incompiute, a Di Maio fosse capitato di imbattersi, magari solo per caso, in un testo di diritto sindacale, saprebbe che il salario minimo legale è operante in quei paesi che non dispongono di una contrattazione nazionale dei minimi tabellari, diversamente dall’Italia che l’ha ereditata – mutatis mutandis – dal periodo corporativo quando gli accordi erano fonte primaria del diritto al pari delle leggi.

 

Il legislatore costituzionale cercò di salvaguardare, nell’art.39, l’efficacia erga omnes anche per il contratto di diritto comune purché la sua negoziazione avvenisse nel rispetto di regole e procedure a garanzia della effettiva rappresentatività dei soggetti stipulanti. Poi, come si sa, l’articolo è rimasto inapplicato. Ma nell’ordinamento giuridico non è venuto meno, sia pure seguendo un altro percorso, l’efficacia generale dei minimi tabellari contenuti nei contratti nazionali di categoria. Vi ha provveduto l’applicazione giurisprudenziale dell’articolo 36 della Carta dove è sancito il diritto del lavoratore a una "retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa’’. I tribunali, chiamati a definire tale trattamento, hanno fatto costantemente riferimento alla retribuzione di base (i c.d. minimi tabellari) previsti dalla contrattazione collettiva (il c.d. meccanismo di estensione indiretta del contratto nazionale). Che senso avrebbe, allora, cimentarsi con un problema già risolto, almeno per i lavoratori dipendenti, rischiando di abbassare il livello di tutela ora assicurato dai contratti nazionali e dalla giurisprudenza, dal momento che, per definizione, il salario minimo legale non può che essere inferiore a quello contrattuale ?

 

Si dirà – ed è vero – che ci sono figure nuove che operano nella “terra di nessuno’’ tra lavoro dipendente e attività autonoma e che tali figure non sono tutelate, in via di fatto, dalla contrattazione collettiva. Ma il Parlamento non si era seduto ad aspettare di essere aperto come una scatola di tonno dai “grillini” per individuare delle soluzioni a tutela dei settori "grigi’’ esclusi dalla contrattazione collettiva La legge Fornero sul mercato del lavoro (l.n.92/2012) introdusse anche per i collaboratori a progetto un "compenso minimo’’ da stabilire attraverso la contrattazione collettiva. Anche il famigerato Jobs Act (legge n.183 del 2014) conteneva una norma di delega riguardante l’introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo. Fu la sola delega a cui non fu data attuazione dal governo Renzi per la contrarietà dei sindacati all’idea di un salario minimo legale. In sostanza, il salario o il compenso minimo, nel dibattito italiano, sono finalizzati a dare copertura a quei lavoratori sprovvisti di contrattazione collettiva.

 

In Francia lo smic fu fissato in 64 euro al giorno nel 2010; poi ci sono stati degli aggiornamenti rispetto all’inflazione. In Germania è pari a circa 9 euro l’ora. In Italia, prima della loro cancellazione, si pensava ai 10 euro (7,5 + 2,5 di oneri) dei voucher. Il M5s pare accontentarsi di 9 euro all’ora. Aprendo un altro fronte oltre a quello del reddito di cittadinanza, il ministro Di Maio si sta incartando da solo. Perché una persona dovrebbe “faticare’’ per 9 euro orari se – a determinate condizioni personali e di reddito – potrebbe percepire un assegno mensile di 780 euro, seduto sul divano di casa, in attesa che le strutture pubbliche siano in grado di offrire un posto di lavoro adeguato e retribuito – per non essere rifiutato – con almeno 858 euro netti al mese?

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