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Sandro Trento e Stefania Spaziani*

Controanalisi ragionata sull’Alta velocità Torino-Lione: i benefici sono maggiori dei costi

Il documento di “Analisi costi-benefici” sulla nuova linea ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità Torino-Lione presentato dal gruppo del prof. Marco Ponti al governo, il 12 febbraio, mostra costi superiori ai benefici per un totale di perdite pari a 6,995 miliardi di euro.

     

Cerchiamo di capire da quali voci sono composte le perdite di 6,995 miliardi.

    

I costi complessivi ammontano a 12,412 miliardi di euro di cui 7,658 è il valore residuo dell’investimento; 222 milioni è il costo di manutenzione; 1,619 miliardi sono le minori entrate per accise e pedaggi, al netto di 3 miliardi per i minori costi di usura della infrastruttura stradale e 2,913 miliardi è il surplus negativo dei concessionari autostradali.

Tali costi vanno confrontati con i benefici pari a 5,417 miliardi di euro: 1,785 miliardi per esternalità; 1 miliardo di minore congestione stradale; 1,37 miliardi di surplus merci; 1,218 miliardi di surplus passeggeri e 44 milioni di surplus degli operatori ferroviari.

    


 Se si escludessero accise e pedaggi, se si considerasse solo l’investimento a carico dell’Italia, il beneficio netto diventerebbe positivo (687 milioni)


     

Com’è noto, affinché un progetto sia valutato positivamente nell’analisi costi-benefici il suo valore attuale netto deve essere positivo, cioè i benefici devono essere maggiori dei costi. Invece, secondo il prof. Ponti il beneficio netto della Torino-Lione risulterebbe negativo.

     

La metodologia generale adottata è apparentemente corretta. L’impatto economico complessivo è dato dalla somma della variazione dei benefici degli utenti (surplus del consumatore), la variazione dei costi operativi delle entrate (surplus del produttore e impatti sullo stato) e la variazione dei costi esterni, le cosiddette esternalità come costi ambientali e incidenti, a cui vanno sottratti i costi di investimento.

     

Lanalisi presenta tuttavia vari punti di debolezza:

1) L’analisi adotta una visione europea di valutazione, in cui la collettività è costituita da consumatori e produttori europei, oltre che da tutti gli operatori e gli stati europei. L’analisi tuttavia andrebbe condotta a livello italiano, visto che si sta discutendo della convenienza a effettuare l’investimento per la sola Italia e non per l’intera Unione europea. Non è corretto quindi considerare, come fa invece il prof. Ponti, anche i costi della Francia, la cui quota della tratta trasfrontaliera ammonta a 4,056 miliardi circa su un totale di 9,63 miliardi (cfr pag. 48 del documento Ponti).

2) La visione europea adottata dal prof. Ponti si basa inoltre sull’ipotesi che la catena ferroviaria terrestre in Europa operi in un mercato di concorrenza perfetta, senza quindi che le società ferroviarie abbiano potere di mercato. Questo comporta che i prezzi dell’impresa ferroviaria coincidano con i costi con un surplus del produttore pari a zero.

3) E’ corretto considerare il risparmio di tempo dei passeggeri e calcolarne il valore economico. Tuttavia, l’applicazione della regola “metà dell’headway” non è condivisibile. Secondo questa regola i tempi sono dimezzati in quanto statisticamente un passeggero arriva a metà del tempo tra una corsa e l’altra. In realtà, l’effettivo risparmio di tempo dei passeggeri è di 2 ore e 16 minuti (e non di una sola ora). Analogamente è corretto calcolare il valore del tempo risparmiato derivante dall’aumento delle frequenze dei treni, ma se non si applicasse la citata regola il beneficio sarebbe di 4 ore anziché di 2 ore. Con tale ipotesi il beneficio calcolato è sottostimato.

4) L’analisi considera correttamente anche il risparmio di tempo per i passeggeri regionali/metropolitani (22 minuti di risparmio sulla linea Bardonecchia-Torino e 22 minuti di risparmio sulla linea Susa-Torino). Opinabile tuttavia la scelta di stimare il valore di un’ora pari a 10 euro (motivata per l’alta percentuale di studenti) contro i 15 euro di un pendolare, 25 euro di un lavoratore e 20 euro di un turista.

5) Nella metodologia generale è correttamente citata l’incidentalità tra le esternalità da misurare. La nuova linea ferroviaria comporterà un minor uso del trasporto su gomma e quindi una diminuzione degli incidenti stradali. Ma l’incidentalità viene definito nel documento Ponti tra gli aspetti non valutabili, in quanto “i premi assicurativi pagati dagli utenti coprono i danni a terzi e perché i danni propri sembrano difficili da considerare costi propriamente esterni”. La considerazione non è condivisibile. Basti pensare che nella stessa analisi si afferma che “Il costo sociale per ogni decesso evitato viene stimato dalla UE (DG MOVE. 2014) pari a 1,87 milioni (243mila euro quello per un ferito grave)”. Solo per avere un’idea indicativa del fenomeno si pensi che in Piemonte nel 2017 sono stati registrati 15.783 incidenti di cui 8.516 a Torino. In Piemonte ci sono stati 772 incidenti su autostrade, 1.682 incidenti su strade extraurbane principali, 22 incidenti mortali su autostrade, 77 incidenti mortali su strade extraurbane principali. Andrebbe dunque valutato l’impatto della riduzione degli incidenti stradali e delle morti evitate.

6) Nel calcolo della riduzione delle emissioni di Co2 per il passaggio da gomma a ferro, sono stati considerati soltanto i veicoli di classe Euro 5 e 6. L’ipotesi non è condivisibile in quanto a oggi il parco circolante italiano è caratterizzato principalmente da veicoli euro 0-1-2-3-4 ad alto impatto inquinante. I tempi di svecchiamento del parco non sono brevi. Quindi considerare nell’analisi soltanto i veicoli euro 5 ed euro 6 comporta una sottostima notevole. Il divieto di transito dei veicoli euro 0-1-2 a cui si riferisce il documento a pag. 19 riguarda in realtà solo i veicoli pesanti.

7) Accise e pedaggi (Ponti include il minor gettito tra i costi) non vanno considerati tra i costi da stimare perché non si tratta di costi ma di transazioni finanziare che possono diventare trasferimenti. Inoltre, considerare le minori accise tra i costi significa considerare auspicabile un maggiore consumo di carburante per avere maggiori accise. Questo contrasta con la politica ambientale di riduzione dell’inquinamento. Sulla base di questo principio, lo svecchiamento del parco auto euro 0-1-2-3-4 ad alti valori di Co2 in favore di auto elettriche o ibride non sarebbe un obiettivo da perseguire per la perdite delle accise sul carburante.

   

Secondo il Centro studi della Fondazione Ergo, se si escludessero le minori entrate per accise e pedaggi (pari a 4,6 miliardi); se si considerasse tra i benefici anche la minor spesa per manutenzione dell’infrastruttura autostradale visto il suo minor utilizzo (pari a 3 miliardi); se ci si limitasse a considerare tra i costi dell’investimento la sola quota a carico dell’Italia pari al 60 per cento del costo di 7,658 miliardi di euro (escludendo quindi la quota della Francia), il beneficio netto diventerebbe positivo e pari a 687 milioni. Se si considerasse anche il recente finanziamento dell’Unione europea pari a 850 milioni di euro, il beneficio netto arriverebbe a quota 1,537 miliardi.

     

Il beneficio diventa più alto poi se si prendessero in considerazione altri elementi:

– Minori emissioni di Co2 (debole l’ipotesi di considerare solo i veicoli Euro 5/6 meno inquinanti);

– Valore dei minori incidenti stradali (con valutazione anche di quelli mortali);

– Valutazione dell’impatto occupazionale (Confindustria stima 50 mila nuovi posti di lavoro);

– Valutazione dell’effetto moltiplicativo sui consumi e l’effetto di maggiori entrate per lo stato, derivante dall’aumento occupazionale;

– Valutazione dei costi per lo stop del progetto da inserire tra i benefici (costi già sostenuti e penali da sostenere).

 

Nei giorni scorsi è circolata la voce che la Commissione Ponti, in seguito a un “supplemento all’analisi costi-benefici” che riguarda solo la parte italiana, avrebbe rivisto al ribasso la stima dei costi della linea Torino-Lione ma il valore attuale netto del progetto resterebbe negativo per 2,5 miliardi di euro.

   

*Sandro Trento e Stefania Spaziani, Fondazione Ergo

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