Luigi Di Maio e Pasquale Tridico alla presentazione del Reddito di cittadinanza. FotoLaPresse

Davvero il reddito di cittadinanza farà piovere 12 miliardi? 

Luciano Capone

L’Italia e l’Europa attendono la dimostrazione del “teorema di Tridico”

Roma. Ma il governo potrà davvero contare sui 12,5 miliardi di euro che, secondo il decreto e gli strateghi economici di Luigi Di Maio, dovrebbero essere “liberati” dal reddito di cittadinanza? La questione è molto tecnica, ma comporta rilevanti ricadute economiche e politiche – sia a livello interno e che europeo – e pertanto va affrontata. L’economia è in recessione, le previsioni indicano per il 2019 una crescita stagnante (vicina allo zero anziché all’1 per cento indicato dal governo) e pertanto i conti rischiano di andare fuori posto e gli obiettivi di finanza pubblica (deficit al 2 per cento e debito in leggero calo) di essere mancati. Al possibile buco di bilancio di quest’anno si aggiungono poi altri 52 miliardi di tasse per aumento dell’Iva già approvate per il prossimo biennio. Tra circa un mese il ministro dell’Economia dovrà preparare il Def e per la prossima legge di Bilancio sarà necessario trovare circa 30 miliardi di euro solo per lasciare le cose come stanno. Come si possono trovare tutte queste risorse senza aumentare le tasse, tagliare la spesa o andare a un nuovo scontro frontale con l’Europa da cui il paese ne uscirebbe con le ossa rotte?

    

Una soluzione è il “teorema di Tridico”, dal nome dell’autore del reddito di cittadinanza e prossimo presidente dell’Inps, che in sintesi dice questo: spendendo 6 miliardi di reddito di cittadinanza in deficit quest’anno se ne potranno spendere il doppio (12 miliardi) sempre in deficit l’anno prossimo, rispettando le regole europee. Da un certo punto di vista il teorema del prof. Pasquale Tridico è già legge, nel senso che è stato inserito nella relazione illustrativa del decretone. E dovrebbe funzionare così. Secondo il consigliere economico di Luigi Di Maio il programma del reddito di cittadinanza dovrebbe “attivare” 1 milione di individui nel mercato del lavoro, facendo così salire il tasso di partecipazione al lavoro, che a sua volta farebbe aumentare la stima del pil potenziale. In questo modo si amplierebbe il cosiddetto “output gap” – ovvero la differenza tra pil potenziale e pil reale – che è l’indicatore che consente di depurare il bilancio dagli effetti del ciclo economico: quanto più l’output gap (negativo) è ampio, tanto più è possibile fare politiche di bilancio espansive. Ebbene, secondo Tridico con la sola imposizione del reddito di cittadinanza l’output gap dell’Italia quasi quadruplicherà, passando da -0,59 a -1,98 (1,4 punti in più): così, secondo le regole europee, l’Italia avrà un deficit strutturale più basso e “uno spazio fiscale aggiuntivo di oltre 12 miliardi di euro”.

       

Ma c’è qualche problema. Sul Foglio, tra i soli o i pochi, più volte abbiamo scritto che non sarà un trucco contabile che battezza “disoccupati” un milione di inattivi a far piovere 12 miliardi dal nulla e abbiamo spiegato anche i motivi tecnici per cui il “teorema di Tridico” non funziona. Se però fosse solo il Foglio a dirlo, il governo farebbe bene a restare fermo sulle sue posizioni. Il fatto è che, oltre a questo giornale, lo ha scritto anche il Fondo monetario internazionale: nel suo ultimo report sull’Italia, il Fmi ha scritto che il decretone (RdC e quota 100) non solo non farà aumentare il pil potenziale, ma addirittura lo riduce, e prevede una chiusura anziché un’apertura dell’output gap.

     

Ma il vero problema non è neppure il Fmi, ma la Commissione europea, che è quella che deve poi controllare il rispetto delle regole. Secondo le tabelle dell’ultimo country report sull’Italia, per la Commissione europea non ci sarà alcun “effetto Tridico” (o “effetto reddito di cittadinanza”): non c’è alcuno “shock” sul pil potenziale, tanto che l’output gap nel 2019 è previsto tornare per la prima volta dopo 10 anni in territorio positivo (che in realtà è una cosa negativa). Quindi niente 12 miliardi “aggiuntivi” anzi, forse ce ne saranno mancanti.

      

C’è da dire che l’output gap è un parametro difficile da misurare perché circondato da molta incertezza che negli anni ha prodotto dispute tecniche tra il Mef e la Commissione, che in diversi casi hanno portato a modifiche metodologiche favorevoli all’Italia. Stavolta il compito è più facile, perché si tratta di rifare i conti e non di cambiare le regole. Pertanto, visto che si è insediato fisicamente – anche se non ancora formalmente – all’Inps, Tridico dovrebbe usare l’enorme base dati e le risorse tecniche e umane dell’istituto di previdenza per una solida dimostrazione del suo teorema. Magari riuscirà a convincere, con la forza dei numeri, la Commissione che davvero l’output gap dell’Italia è -2 anziché +0,3. E che quindi il governo può spendere tranquillamente decine di miliardi in più in deficit. Probabilmente le previsioni della Commissione europea non si riveleranno giuste al 100 per cento proprio perché si tratta di stime, ma in questi casi, come diceva Keynes, “è meglio avere quasi ragione che completamente torto”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali