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Mini Tav, maxi Alitalia

Redazione

Per i contribuenti piccole (o zero) infrastrutture, ma grandi fallimenti industriali

Che fine ha fatto la fila di spasimanti di Alitalia contrabbandata da Luigi Di Maio e Danilo Toninelli? Delta Airlines, posto che sia mai stata realmente interessata, sta ora guardando ad Air France-Klm, assai più appetibile nonostante lo scontro Parigi-Amsterdam dopo l’ingresso del governo olandese. EasyJet si è defilata. Lufthansa è fuori da tempo. Invece il prestito ponte a carico dei contribuenti è prorogato di due anni a importo crescente; e così la cassa integrazione straordinaria. Restano Ferrovie e Poste con i loro soldi pubblici, oltre all’intervento del Tesoro che per Di Maio “arriverà al 15 per cento” mentre per il ministro dell’Economia Giovanni Tria sarà temporaneo e a condizioni di mercato. Ma quale mercato, visto che i privati si defilano e nessuno dei soggetti statali fa volare aerei?

   

Il progetto sovranista di ritorno alla compagnia di bandiera ha molto in comune con la questione Tav, e non solo perché sono entrambe “ nel contratto”, e i protagonisti sono sempre Di Maio e Toninelli, nel caso Alitalia anche con la benedizione di Matteo Salvini. Sulla Torino-Lione non passa giorno senza nuove analisi e controanalisi costi-benefici (come se fosse l’antidoping), senza che ballino miliardi di qua o di là, senza interventi “al massimo livello” annunciati e subito smentiti (ultimo, di Giuseppe Conte), a cui si aggiungono i finti bandi d’appalto di Toninelli, “li facciamo ma poi li ritiriamo”. Un vaudeville sui collegamenti con il resto d’Europa e del mondo, con la differenza che Alitalia è una fallimentare azienda di servizi, non un’infrastruttura produttiva (la Sea che gestisce Malpensa e Linate ha appena chiuso un bilancio con utili record in crescita del 62 per cento facendo a meno di Alitalia, e anche per la romana Adr l’impatto è marginale). Ma il sovranismo impone che la Tav sia mini e l’Alitalia statale maxi. D’altra parte se si affidasse anche qui un’analisi costi-benefici allo stesso Marco Ponti caro ai 5s salterebbero fuori i suoi recenti giudizi: “Alitalia? Meglio mettere soldi pubblici nella raccolta dei pomodori o per sussidiare l’alluminio in Sardegna”. Certo, a ogni esame sfugge una cosa, il comune denominatore dei due dossier: la disinvolta cialtronaggine con la quale vengono gestiti.

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