Foto Imagoeconomica

Nunzia Catalfo, vestale a Cinque stelle del reddito di cittadinanza

Marianna Rizzini

In Parlamento dal 2013, presidente della commissione Lavoro in Senato, grillina siciliana d’antan, stimata da Pietro Ichino

Roma. A tre giorni dalla convention di euforica annunciazione del reddito di cittadinanza (“nessuno resterà indietro”), spunta sul web un Beppe Grillo che, dopo aver presenziato soltanto in ologramma (video) all’appuntamento di cui sopra, scrive su Facebook che questo “è il primo passo verso un mondo diverso” (e pazienza se intanto si registra il problema dei cosiddetti “navigator”, minimizzato ieri dal premier Giuseppe Conte). Spento il riflettore, resta in campo la senatrice e presidente della Commissione lavoro del Senato Nunzia Catalfo, vestale del reddito, nel senso che è colei che può rivendicare il deposito a prima firma (nel 2013) di un disegno di legge in materia: “Per quasi sei anni mi sono battuta in prima persona”, scriveva nelle ore dell’esultanza: “Adesso, insieme a tutto il Movimento 5 stelle, vinciamo questa battaglia, introducendo una misura che dà dignità alle famiglie italiane e che investe sul lavoro, sulle politiche attive e sulla formazione. Il Decreto, approvato dal Consiglio dei ministri, ricalca quanto di buono ho inserito nel disegno di legge depositato in Senato nel 2013 a mia prima firma… con costanza e tenacia manteniamo gli impegni presi con i cittadini”. Da siciliana, Catalfo aggiunge che il reddito di cittadinanza “avrà un impatto positivo sul mercato del lavoro in Sicilia”, e lo fa con la stessa fede (più che di ottimismo, di fede si tratta) di quando, qualche mese fa, intervistata da La Notizia, rassicurava i dubbiosi: no, non è assistenzialismo. Sarà, pensavano i lettori non convinti, ma Catalfo rincarava: “Assistenzialiste, semmai, sono le misure presentate dai precedenti governi. La nostra priorità è investire nelle politiche attive del tutto ignorate da chi ci ha preceduti”. E se già allora i titubanti avanzavano l’obiezione “ma non è che con i centri per l’impiego combinati come sono combinati oggi i tempi si allungano?”. Catalfo rispondeva che no, i tempi erano stretti ma “sufficienti”.

 

Il wishful thinking che la senatrice portava avanti sulla Rete e in tv da almeno tre anni è lo stesso di oggi: si spera che funzioni (anche se manca personale qualificato). E comunque gli altri hanno più colpe: “Puntuali come un orologio svizzero, quelli che per anni sono rimasti con le mani in mano e hanno preferito regalare soldi alle banche invece di mettere in campo politiche di contrasto alla povertà e alle disuguaglianze, oggi si scagliano contro il Reddito di Cittadinanza”, scriveva Catalfo su Facebook alla vigilia della pubblica festa pro-reddito, accusando “Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia – una versione allargata del famoso quanto tragico ‘Patto del Nazareno’”, cioè quelli che “vogliono addirittura raccogliere le firme” per abrogare il provvedimento. “Falliranno anche stavolta”, diceva la senatrice che ora vedrà arrivare in Senato quella che considera la sua creatura e che nel 2013, al momento dell’ingresso del M5s in Parlamento, aveva alle spalle un curriculum di progettista di percorsi di formazione a distanza, e un impiego presso lo sportello multifunzionale Asaform Enaip Sicilia, nonché la patente di grillina delle origini (candidata alle amministrative a Catania nel 2008 con gli Amici di Beppe Grillo). Lo scorso maggio le è stato tributato per così dire l’onore delle armi dal professor Pietro Ichino che, nel commentare il contratto Lega-Cinque stelle, intravedeva in alcune parti del pur criticato testo “la mano esperta e la supervisione della senatrice Catalfo, che ha affinato la propria competenza tecnico-politica nel settore specifico durante l’ultima legislatura nella sua veste di capogruppo M5s in Commissione lavoro, sempre distinguendosi nettamente da altri parlamentari della sua parte per i toni pacati, la ragionevolezza degli argomenti utilizzati e l’attenzione alle ragioni altrui”. Dopodiché Catalfo – tailleur scuro, camicia chiara e carré – è anche colei che ha presentato il disegno di legge sulle false partite Iva – che intanto, dicono i critici, possono essere paradossalmente incentivate da alcuni effetti perversi del decreto dignità.

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.