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Acqua pubblica, un'altra diga tra M5s e Lega

Valerio Valentini

Alessandro Benvenuto ci spiega perché la proposta di legge del Movimento 5 stelle sull'acqua pubblica così com'è non va bene

Il problema, a quanto pare, non è di natura ideologica. “Siamo tutti d’accordo nel volere dare piena applicazione al referendum del 2011”. E dunque? “E dunque – dice Alessandro Benvenuto – il problema è semmai quello di non cedere alle ideologie e di impegnarsi, tutti insieme, ad approvare una legge che sia utile sul piano pratico e che non sia rischiosa sul versante dei conti pubblici, visto che il costo di una nazionalizzazione potrebbe arrivare fino a 15 miliardi”.

 

Come che sia, però, un problema sembra esserci, anche se il deputato della Lega, 32enne torinese, presidente della commissione Ambiente che sta discutendo la proposta di legge promossa dal M5s sull’acqua pubblica, tede a minimizzare: “Parlerei, più che di un problema, della necessità di giungere a un ragionevole compromesso”, dice. E nel dirlo pronuncia proprio la parola che che Roberto Fico non vuole sentire neppure nominare: “La legge – ha detto il presidente della Camera dalle colonne del Fatto quotidiano – va approvata senza compromessi al ribasso. Altrimenti ci sarebbe un notevole problema politico”. Insomma, un ultimatum. “E’ ragionevole che il presidente della Camera – dice Benvenuto – ponga una grande attenzione su una battaglia che lui conduce in modo coraggioso da anni. Ma ora sia lui, sia io nel mio piccolo di presidente di commissione, abbiamo un ruolo istituzionale, e dunque dobbiamo pensare innanzitutto al bene del paese, più che alle istanze più o meno condivisibili dei vari comitati”.

 

Anche voi della Lega, però, state subendo alcune pressioni, seppure di senso opposto. I vostri sindaci, al nord, sono allarmati per questa proposta di legge; alcuni vostri parlamentari parlano addirittura di un “ritorno al medioevo”. “Non drammatizzerei. Direi semmai che si tratterebbe di un ritorno ai primi anni Novanta, e cioè a un modello a gestione interamente pubblica che all’epoca si pensò giustamente di superare per evitare inefficienze, sprechi e ingerenze politiche”. In ogni caso, non una bella prospettiva. “Il M5s propone che le società di capitale non possano più gestire il servizio pubblico integrato, che andrebbe invece affidato direttamente alle amministrazioni locali”. E questo non vi convince, a voi del Carroccio? “Bisogna essere estremamente cauti, nell’ipotizzare un cambiamento così drastico e radicale: si rischia di mettere in difficoltà importanti società come Smat, Acea, Hera o A2a: società, cioè, che pur essendo a maggioranza pubblica, e dunque controllate in una certa misura dagli enti territoriali, sono comunque società di capitale, e fanno proprio della gestione del servizio idrico la loro principale attività. Costringerle a cedere questo loro core business dall’oggi al domani, metterebbe a rischio migliaia di posti di lavoro. E questo, al di là delle idee di ciascuno, va assolutamente scongiurato”.

 

E gliele avete segnalate, queste vostre critiche, ai vostri alleati grillini? “C’è un confronto costruttivo. Abbiamo ad esempio illustrato alla collega Federica Daga, prima firmataria della proposta di legge, alcune nostre perplessità”. Che non riguardano, però, solo il possibile collasso delle imprese. “C’è sicuramente, sul medio termine, il rischio della paralisi operativa. La proposta di legge, così com’è scritta, non lascia grande libertà di scelta ai comuni: li costringe di fatto a ripiegare su una gestione prettamente pubblicistica, con tutti i problemi che vi sono tradizionalmente connessi. Basti pensare che, per fare assunzioni, servirebbero dei concorsi. Tutto troppo complicato, mi pare. Senza contare, poi, che i comuni dovrebbero in sostanza riprendersi in mano il servizio idrico: il che, a livello generale, potrebbe significare un esborso non indifferente per le casse dello stato, che alcuni studi di Utilitalia stimano in 15 miliardi, cui andrebbero poi aggiunti gli oneri fiscali e gli indennizzi ai gestori uscenti”.

 

E però il M5s rivendica alcuni modelli di gestione pubblica virtuoso, come quello di Napoli. “Nel capoluogo partenopeo, in effetti, la ‘Acqua bene comune’, sarebbe già di fatto in sintonia con la nuova legge. Però, a quanto ci risulta, negli ultimi anni ha avuto non pochi problemi nell’approvare e nel depositare i suoi bilanci. Per questo bisogna essere cauti. Segnalo, d’altro canto, che la sindaca Chiara Appendino, che è del M5s, a Torino sta andando nella direzione opposta, e cioè quella della parziale privatizzazione della multiservizi Iren. Dopodiché, mi chiedo se davvero un comune come Roma, con tutti i problemi che già deve affrontare Virginia Raggi, sarebbe ora in grado di gestire l’intero servizio idrico. Anche perché, in molti casi, le reti sono ridotte in stato non proprio ottimale, dunque le amministrazioni pubbliche sarebbero costrette a spendere poi altri soldi per rimetterle in sesto”.

 

In sostanza, però, la vostra è una bocciatura dell’intero disegno. “No, affatto”, replica allora Benvenuto. “E’ semmai un invito a discutere, in maniera franca, su come migliorare una proposta che, ripeto, da parte della Lega non riceve alcuna bocciatura pregiudiziale. I Cinque stelle s’impegnano da anni, su questo campo: si tratta per loro di una battaglia identitaria, che noi rispettiamo. Al tempo stesso, però, ribadiamo che ci sono margini di miglioramento del testo, e sarebbe da irresponsabili non approfittarne. Lavoriamoci insieme: io credo che una soluzione ci sia”. Quale? “Stabilire, ad esempio, che ci sia una quota cospicua degli utili da reinvestire costantemente. L’acqua è un bene primario, questo è indiscutibile. E dunque le imprese che, in un’ottica industriale, gestiscono il servizio idrico, vanno obbligate a adoperare una certa parte dei loro guadagni nell’ammodernamento e nel perfezionamento della rete, oltreché nel potenziamento dei bonus già esistenti a tutela della classi più disagiate”.

 

Siete sicuri che i Cinque stelle accoglieranno queste vostre correzioni? Siete sicuri che Fico non le cataloghi tra i “compromessi al ribasso” da rigettare? “Abbiamo appena concluso le audizioni, in commissione. Ora inizia la fase decisiva. E il confronto e l’ascolto reciproco saranno importanti per apportare modifiche positive”. E se alla fine la mediazione saltasse? “Evitiamo di delineare scenari apocalittici. Anche sulle questioni più divisive finora abbiamo sempre trovato un punto di caduta ragionevole. Il disegno di legge andrà avanti in maniera lineare. Se nessuno s’irrigidisce sulle proprie posizioni, sono convinto che il risultato sarà positivo per tutti”.

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