Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Di Maio, il ministro delle fake news

Redazione

Bufale su tasse e lavoro. Due fact checking sulla credibilità del governo

Luigi Di Maio, nella veste di ministro dello Sviluppo economico, ha cercato di ristabilire un contatto con le imprese per via epistolare: “Iniziamo ad abbassare le tasse”, ha scritto sul Sole 24 Ore, in una lettera indirizzata “a tutti gli imprenditori italiani”. Quali sono queste misure di riduzione della tassazione? Di Maio parla prima della cosiddetta mini-flat tax e poi afferma: “Abbassiamo sensibilmente l’Ires. La riduciamo di 9 punti, dal 24 per cento al 15 per cento”. Di cosa si lamentano le imprese? Evidentemente del fatto che Di Maio dica fesserie. Innanzitutto non è vero che il governo abbassi l’Ires, figurarsi se lo fa “di 9 punti”. L’Imposta sul reddito delle società è stata ridotta dal governo precedente, che ha portato l’aliquota dal 27,5 al 24 per cento. Il gettito è di 35 miliardi e una riduzione di 9 punti vale 13 miliardi: nella manovra non c’è nulla di tutto ciò. Non è neppure vero che il governo gialloverde “inizia ad abbassare le tasse”, anzi fa l’esatto contrario: smette di abbassarle.

 

Secondo il Documento programmatico di bilancio del governo, dopo anni di discesa, la pressione fiscale resterà ferma al 41,8 per cento, ma considerando una crescita irrealistica dell’1,5 per cento. Pertanto la pressione fiscale aumenterà (secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio le imprese pagheranno oltre 6 miliardi in più di tasse). Pochi giorni fa, Di Maio ha scritto un’altra fesseria, stavolta da ministro del Lavoro: secondo i dati del ministero nel terzo trimestre 2018 ci sono state 56 mila trasformazioni da tempo determinato a indeterminato (più 48,6 per cento rispetto al 2017). Per Di Maio è merito del decreto dignità, che in realtà non era ancora entrato in vigore, ma “le aziende già avevano previsto questa inversione di tendenza quando il decreto è stato approvato”. E’ una fesseria, perché sempre secondo i dati del suo ministero nel primo trimestre 2018 le stesse trasformazioni sono state 95 mila (più 65,3 per cento rispetto al 2017). In realtà non c’è stata alcuna inversione di tendenza, a meno che Di Maio non ritenga che le aziende abbiano “previsto” il decreto a gennaio, due mesi prima delle elezioni. In tal caso non dovrebbe scrivere una lettera al giornale degli industriali, ma a quello degli indovini.

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