Il piano di Fca per l’Italia è stato presentato ai sindacati dal ceo Mike Manley e dal direttore finanziario Pietro Gorlier il 29 novembre a Torino (foto: Imagoeconomica)

Fiat sotto analisi

Marco Bentivogli*

Il Piano Fca per l’Italia è una potenziale svolta per un paese avviato verso una fuga retrograda dall’industria

L’incontro dell’ad di Fca Global Mike Manley e del responsabile per l’area Emea Pietro Gorlier a Torino e le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici ha rappresentato un passaggio molto importante. Manley è stato molto chiaro nell’illustrare il piano di sviluppo a livello mondiale e la scelta relativa all’elettrificazione completa della gamma e la produzione di veicoli a guida autonoma. Tutto ciò nel quadro delle previsioni di mercato dell’automotive dei prossimi quattro anni: la domanda in area Nafta è ancora forte, America Latina e Asia Pacifico in crescita, area Emea (Europa e mediterraneo) in crescita con rallentamento del 2020 per elettrificazione, ma non per il mercato Italiano che dovrebbe mantenere crescita perché abbiamo uno dei parchi auto più vecchi in circolazione. Nel mondo prosegue il passaggio dalle berline ai Suv con stabilizzazione nel 2020. La scelta di abbandonare la produzione di berline e dedicarsi ai truck e Suv è stata un’intuizione di Sergio Marchionne che oggi consente di scontare meno cali di mercato di altri player come General Motors. Non solo, un ulteriore insuccesso delle politiche protezionistiche di Donald Trump stanno mettendo in difficoltà anche Ford per i dazi alle importazioni di alluminio, che hanno la tassazione più alta. In controtendenza, Manley ha affermato che il Piano consentirà di proteggere l’occupazione in Italia e in Europa.

 

Elettrificazione

A dispetto delle attese, il ceo Manley ha detto che il Piano di Fca consentirà di proteggere l’occupazione in Italia e in Europa

Sull’elettrificazione, nella conferma della scelta, sono state evidenziate alcune criticità relative alle previsioni di mercato, alla riduzione dell’occupazione in prospettiva relativa alla riduzione del numero dei pezzi e maggiore automazione e semplicità delle linee e minore ricorso alla componentistica del veicolo. Inoltre, la scelta dell’elettrificazione comporta una necessità, come avviene in altri paesi, di dotazione di infrastrutture per la rete di ricarica, per lo smaltimento delle celle, e di nuove regolamentazioni su cui il nostro paese è molto indietro. In ogni caso i veicoli elettrificati passeranno dal 2 per cento attuali al 12 nel 2022 al 22 nel 2030 questo anche per evitare di incorrere sanzioni delle nuove normative Le emissioni passeranno nel 2020 dai 130g/km ai 95g/km (meno 8 per cento) e una successiva di ulteriori 15 per cento dopo il 2021 e 35 per cento successivamente. Le valutazioni delle maggiori case automobilistiche che sui componenti dei motori si passerà da 900 componenti a 100 componenti e un maggior livello di automazione, e stimano che potrà avere una riduzione dell’occupazione del 20 per cento nel settore. Il rischio è che, a fronte delle nuove limitazioni, chi non andrà verso l’elettrico, perderà ancora più occupazione. L’assistenza sarà ridotta, il tagliando periodico passerà da 22.000 a 200.000 km. Volkswagen molto impegnata nell’elettrico, sostiene che “le nuove normative europee faranno perdere 100 mila posti di lavoro”. La riduzione riguarderà in particolare la manodopera collegata all’assemblaggio del motopropulsore, alla manutenzione del veicolo, alla componentistica e al rifornimento. Nei segmenti più piccoli la tecnologia avrà un prezzo con minore competitività su cui si rischia di subire importazioni dall’Asia per piccoli veicoli frutto di produzioni molto sussidiate da governi asiatici.

 

I “Nimby” alleati dei fossili

Anche in questa partita i radicalismi e le mode bloccano le transizioni virtuose. Anche nel passaggio tra la Fiat Uno e la Punto c’è necessità di 1/10 di forza lavoro nello stabilimento, ma il lavoro non è finito ed è aumentato il lavoro collegato all’elettronica e a tante cose che, una volta, erano optional pregiati e che ora sono di serie. Certo, la prossima svolta della mobilità necessità una parallela svolta di un ecosistema intelligente su cui l’Italia a oggi fa solo dei gran convegni. Da questo punto di vista, chi chiede normative con scadenze immediate si salva la coscienza, ma in realtà non si accorge che la cosa più semplice da fare è oramai – con ancora molte problematiche di sostenibilità – l’auto elettrica che però non funziona senza una rigenerazione rapida di tutto quello che c’è attorno. Abbiamo chiesto di considerare la fase di transizione con maggiori modelli alimentati da metano e gpl nella fase di transizione dei prossimi diciotto mesi. Guardiamo l’impatto della CO2 per area sul sito electricitymap.org in tempo reale e capiremo molte cose. Le mode non aiutano le sacrosante battaglie per l’aria pulita. La campagna europea contro i diesel per l’inquinamento di Nox (biossido di azoto) è piuttosto strampalata: esso è prodotto nelle nostre città in misura maggiore per il riscaldamento che per la mobilità, e da un euro4 ad un euro6 l’emissione di Nox si è ridotto del 40 per cento. L’euro6 D final lo abbatte ulteriormente e produce meno CO2 degli altri combustibili. Ragioniamo sui dati o sulle mode del momento? E andiamo sempre alla fonte, ricordiamoci che nella transizione all’elettrico non dobbiamo trascurare da quale fonte si ricava l’energia elettrica.

 

Guida autonoma, svolta dal 2021

Per realizzare un’auto a guida autonoma vi sono cinque livelli di evoluzione. Oggi Fca è tra il livello 1 e 2. Il livello 3 (2020-21) sarà il prossimo e che consentirà al guidatore di tenere le mani lontano dal volante pronto però a intervenire. Il livello 4 sarà la guida autonoma completa prevedibile per il 2023 e 2025. Nel 2021 si lancerà il livello 3. Fca ha sviluppato tre partnership per potenziare la guida autonoma. Lavoro sulla Waymo che è già una realtà che consentirà il livello 4 e 5. Altra partnership e Aptiv per livello 2, per il livello 3 si utilizzerà Bmw per i modelli Maserati nel 2022 e 2023.

 

Auto 100 per cento digital connect

Entro il 2021 per il 100 per cento dei veicoli Fca la connettività digitale sarà incorporata come standard o come optional. Si potranno offrire servizi di assicurazione, prenotazioni, ecc. che cambieranno l’esperienza di guida, e che farà un salto di qualità con la guida autonoma. Inizierà Maserati, poi Fiat, poi Alfa Romeo e poi Jeep. Un’auto a guida autonoma consente “un’esperienza di guida” nuova. Si stanno integrando le tante offerte di utilizzo del tempo che si libererà nel poter fare altro mentre l’auto ci porta a destinazione.

 

Risultati finanziari

I rivali di Fca hanno accanto i loro governi, in Italia le fabbriche non sono neanche più viste come bacini di voti figuriamoci come risorse

Il Piano finanziario Marchionne 2017-2022, resta confermato. Da Giugno, 2018 il debito si è azzerato. I target finanziari prevedono Ebit da 6,6 miliardi (2017) a 9,2-10,4 nel 2020 a 13-16 miliardi nel 2022. Inoltre occorre aumentare il margine per azione da 2,3 nel 2017 a 5,9-7,3 nel 2022. La scelta di Pietro Gorlier, come Chief operating officer Emea, rappresenta un rafforzamento di presidio di quest’area che va valorizzata. Nel confronto ciò a consentito di entrare nel dettaglio delle ricadute della prima parte del piano quinquennale complessivo annunciato (2018-2022) lo scorso giugno da Marchionne a Balocco. Entrando nelle specifiche degli impegni per l’Italia nella prima parte, dal 2018 al 2021 con tempistiche e stabilimenti coinvolti, la scelta di Gorlier ha fornito un focus su area Emea e Italia. Per Emea è previsto un picco nel 2019 e una flessione con l’introduzione elettrico. Ci si augura che, visto il parco auto più vecchio, ci sia meno flesso in Italia. Il quadro del mercato Emea e Italia è pertanto stagnante. Fca ha guadagnato 0,7 per cento quota Eu+Efta. Sia per auto che per veicoli commerciali leggeri. Mercato Eu a 28+Efta salito 22 per cento, analogamente è cresciuta Fca con tutti i suoi brand. Molto importante entrare nel dettaglio degli investimenti e dei prodotti e delle ricadute della prima parte del piano quinquennale complessivo annunciato (2018-2022) lo scorso giugno da Marchionne con impegni per l’Italia dal 2018 al 2021 e tempistiche e stabilimenti coinvolti. Un aspetto importante riguarda gli investimenti da subito operativi già deliberati con ordini per impianti già partiti: l’arrivo della produzione della Jeep Compass plug-in hybrid a Melfi e che riguarderà tutta l’area Emea. Nascerà già ibrida, insieme a Renegade ibrida. Ciò consentirà di azzerare l’utilizzo dei contratti di solidarietà; la nuova 500 elettrica iper tecnologica, full electric, 100 per cento connessa digitalmente e aggiornabile prodotta integralmente a Mirafiori, attualmente prodotta in Polonia; il Compact Suv Alfa Romeo a Pomigliano, Panda Ibrida; ad Atessa, aumento capacità produttiva e svilupperà il Ducato elettrico; è esteso il ciclo vita Gran Cabrio e GT per Modena. Guardiamo ora al triennio 2019-2021 per stabilimenti e modelli: Mirafiori e Avvocato Giovanni Agnelli Plant: restyling Levante e plug-in Hybrid, Ghibli e Quattroporte e nuova 500 elettrica. A Mirafiori verrà installata la piattaforma di produzione elettrica utilizzabile per la transizione per almeno l’area Emea. Incremento capacità produttiva trasmissioni. A Verrone: aggiornamento trasmissioni per nuovi motori. A Melfi: oltre alla Jeep Compass, vi sarà una 500x ibrida e tutte le vetture prodotte a Melfi saranno o ibride o plug-in. A Cassino: restyling e ibridazione plug-in Giulia e Stelvio e nuova Maserati Duv “suv medio” combustione normale e ibrida. Inoltre la Giulietta sta andando bene e sarà prodotta per tutto il 2019. A Modena: si allungherà la vita produttiva di Gt e Gran Cabio, differentemente da quanto annunciato. Inoltre sarà ancora il sito di produzione di gran parte dei modelli specialties, supersportive Alfa e Maserati. Vi sarà elettrificazione di almeno uno dei modelli. A Pratola Serra: contrariamente a quanto annunciato, non si fermerà la produzione del diesel nel 2021. Nel sito si costruiranno dal 2021, gli euro6 diesel di ultima generazione (D final). Ci sono riflessioni in corso su come collegare il sito alla futura produzione di motori elettrici. A Termoli: per Termoli sono previsti quattro nuovi motori di cui uno hybrid e plug-in hybrid. A Cento: vi sarà un evoluzione del grande motore diesel V6 per il mercato americano (per Ram ecc.) e si riprenderà la produzione di motori industriali e navali. Ad Atessa Sevel: incremento capacità produttiva, restyling nel 2020 e versione Ducato elettrico. A Pomigliano d’Arco: Alfa Compact-Suv anche in versione hybrid plug-in P1 P4, Panda va ancora bene, a fine 2019 lancio mild hybrid per Panda e successivo restyling (2021) che al momento allunga la permanenza a Pomigliano stesso della Panda. La piattaforma del nuovo compact Suv sarà nuova, tale aspetto, da un lato necessità di accompagnamento temporaneo con ammortizzatori sociali, dall’altro realizza una piattaforma completamente nuova che consentirà un periodo più lungo di prospettiva industriale e occupazionale per la possibilità di costruirvi ulteriori modelli sullo stesso pianale. E’ in studio dove collocare l’assemblaggio di pacchi batterie per elettrico. Nel 2022 è prevista l’uscita di una nuova Maserati grande. Sono importanti le notizie che il vertice Fca ha fornito rispetto ai rumor relativi alla vendita di Comau, confermando la non volontà di vendere. Sarebbe un errore questa cessione e temiamo che – se si facessero avanti investitori con molti soldi da spendere – il Gruppo riprenderà in esame questa partita. Penso altresì che se c’è ancora un capitalismo lungimirante in Italia, non può farsi scappare un gioiello sulla robotica avanzata come Comau, qualora venisse messo in vendita.

 

Il Piano in sintesi

Tredici modelli: quattro completamente nuovi (500 elettrica, C-Suv Alfa, Suv Maserati media, Compass a Melfi e nove restyling. Sono dodici interventi tra ibridazione e elettrificazione (a basso e alto voltaggio). due nuovi motori e due aggiornamenti Euro6 D final (diesel). Il piano presentato a Balocco da Marchionne prevedeva 8,7 miliardi € per area Emea nel quinquennio 2018-2022. Il piano presentato oggi è di oltre 5 miliardi€ nel triennio 2018-2021 e solo per l’Italia. Gli altri modelli del piano previsti nel piano di giugno entro il 2022 e non inclusi nel triennio 2018-2021 vengono confermati. Gli stabilimenti saranno tutti aggiornati con piattaforma elettrica o ibrida. Il piano prevede anche il re-shoring (ovvero il rientro della produzione in Italia) di due modelli, la 500 dalla Polonia e la Jeep Compass dal Messico.

 

Criticità del Piano

I “No al diesel” ricordino che la transizione energetica e una sterzata rapida sull’elettrico non sono prive di rischi ambientali

Prima di tutto le tempistiche. Il lancio dei nuovi investimenti richiederà almeno diciotto mesi dal loro avvio. Sarà importante gestire questa transizione senza lasciare nessun lavoratore senza occupazione e reddito. Abbiamo chiesto al vertice aziendale di verificare per il periodo di transizione se l’utilizzo dei nuovi propulsori a benzina può ampliare i modelli a metano e gpl. E’ chiaro che senza questo piano di investimenti avremmo una copertura di ammortizzatori sociali ancora più ridotta e invece, qualora necessario, le eventuali insaturazioni temporanee potranno essere colmate con la cassa integrazione per riorganizzazione. Resta sullo sfondo la strategia internazionale del gruppo e la necessità, da un lato, di risorse finanziare e, dall’altro, di rafforzarsi sul mercato asiatico e quindi la necessità di una ulteriore fase di alleanza strategica internazionale.

 

Senza soldi pubblici ma la politica guarda

Infine, la transizione all’elettrico e alla nuova mobilità necessità di nuove regolamentazioni e moderne infrastrutture di ricarica, produzione e smaltimento, è un lavoro in cui la politica e chi ha incarichi di governo dovrebbe recuperare i nostri ritardi, che altrimenti determinerebbero ulteriori ostacoli alla sostenibilità della transizione. La riduzione dell’occupazione nella produzione elettrica può essere compensata dall’economia che può nascere dai nuovi sistemi e servizi necessari in un ecosistema intelligente e digitale, ma a condizione che si colga presto tutto questo come sfida progettuale. E’ chiaro che le normative sulla transizione alla nuova mobilità dovranno considerare le tempistiche non schizofreniche e fare in modo che gli obiettivi siano realistici e non solamente teorici e autolesionistici. E’ un valore che nei 5 miliardi non ci sia un euro di denaro pubblico. Ma le istituzioni, il governo, tutta la politica devono tornare a occuparsi di lavoro e industria in modo serio e meno modaiolo. Tutti i rivali di Fca hanno accanto i loro governi: ovunque la politica industriale è all’interno della politica estera di ogni paese. In Italia le fabbriche non sono più viste neanche come bacini elettorali, figuriamoci come risorsa per il paese e il territorio. Eppure l’Italia metalmeccanica rappresenta il 52 per cento delle export italiano. E’ quell’Italia a prescindere che non si arrabbia più perché si è abituata a fare a meno della politica.

 

Storia contrattuale di successo

Sullo sfondo la strategia internazionale, la necessità di risorse finanziarie e quella di rafforzarsi sul mercato asiatico

Quello che è singolare è che c’è una parte del paese che dal 2010 non vede l’ora di poter dire di avere avuto ragione e ogni mese che passa viene smentito da una storia di successo industriale e contrattuale. Gli accordi sindacali hanno garantito questi investimenti e smontato i due falsi miti che per mantenere la manifattura nelle economie mature bisogna peggiorare le condizioni di lavoro e i salari. L’occupazione è aumentata e i salari sono cresciuti. Per evitare di riconoscere i propri errori strategici si ricorre nel sindacalismo ideologico alle fake news su salari e occupazione. In Fiat non si rinnovava il contratto aziendale da ben diciannove anni. Tutti gli altri grandi gruppi hanno ridotto l’occupazione in maniera più sensibile. A questo proposito, la tabella sui salari in pagina chiarisce il punto, speriamo definitivamente. Quanto all’andamento dell’occupazione ricordiamo, come già notato sul foglio.it, che quando Marchionne è arrivato nel 2004, il gruppo (Fca, Cnhi, Ferrari e Sevel) aveva 179.040 dipendenti nel mondo e 83.320 in Italia (all’epoca esisteva una joint Fiat GM Powertrain). Otto anni dopo erano cresciuti di 110.185 nel mondo e di 3.244 in Italia. Lo scorso anno la crescita era più 130.058 e più 3.579. Gli ammortizzatori sociali sono scesi dal 40 per cento del 2012 al 7 per cento dello scorso anno, risaliti al 12 per cento per i motivi suddetti. Gli accordi sindacali sono stati pre-condizione perché Fiat tornasse a investire in Italia, eppure qui fu la “rivolta”. A chi ora parla di penalizzazione dell’Italia nel Gruppo Fca, a ben vedere, i dati del 2017 testimoniano il contrario: un Ebit Emea pari a 1,8 miliardi di euro contro un Ebit del Gruppo pari a 7 miliardi, e di 5,2 miliardi nella sola area Nafta. La lamentela per una sproporzione tra numero di impiegati rispetto agli utili generati dalle auto vendute non dovrebbe dunque venire dall’Italia o dall’Europa, ma da altre aree.

 

Le buone notizie (spesso) snobbate

Nel quadro di previsioni di un mercato piuttosto stagnante e con gli annunci dei tagli operati da Gm ci sembra un ottimo segnale in controtendenza. Ci auguriamo che cambi la narrazione di questa storia e qualcuno comprenda il bisogno di un corale sostegno allo sviluppo industriale del paese, specie in un momento di grande incertezza. Si investono 5 miliardi di € in Italia su prodotti innovativi, senza denaro pubblico e senza sostegno governativo. Bisognerebbe fare qualche riflessione aggiuntiva. Personalmente apprezzo molto che il coo, Pietro Gorlier, invii una lettera con in contenuti del piano prima a tutti i lavoratori e le lavoratrici del Gruppo e poi alla stampa. E’ un segno di riconoscimento importante del valore delle persone che lavorano. Sarebbe un bel colpo, rinnovare anche il Ccsl (il contratto dei tre gruppi) presto e bene, noi faremo la nostra parte. Abbiamo richiesto aumenti in pagabase del 10 per cento e puntato le normative per rafforzare la partecipazione dalle commissioni di reparto fino alle strategie nazionali. Chiediamo di andare a regime con un nuovo sistema di inquadramento professionale capace di valutare con più efficacia la persona nel lavoro e ne consenta la crescita. Per questo abbiamo chiesto di rafforzare l’impianto di formazione e diritto allo studio e la loro certificazione all’interno di un passaporto delle competenze. La strada per aumentare il valore del lavoro aiuta a vincere la sfida della produttività. Puntare “a parole” sulla persona è uno slogan spesso tradito dai comportamenti nel nostro paese. E’ ora di fare sul serio.

 

* Marco Bentivogli è segretario generale Fim-Cisl

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