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L'armata sovranista non trova nessun cavaliere

Alberto Brambilla

Investitori istituzionali e piccoli risparmiatori snobbano il Btp Italia e in caso di recessione nemmeno la Bce potrà aiutare

Roma. Nel film classico diretto da Mario Monicelli del 1966, Brancaleone da Norcia (Vittorio Gassman) promette alla sua scalcinata armata conquiste, belle donne e grandi ricchezze, ma nessuno lo segue con slancio nonostante l’affabile eloquio. Poco più di un mese fa, il vicepremier Matteo Salvini aveva arringato le masse confidando in copiosi acquisti di titoli di stato da parte dei risparmiatori ma nessuno l’ha seguito, nonostante il cordiale appello. L’ultima emissione dei titoli Btp Italia è andata male, è la seconda peggiore da quando sono stati inventati nel 2012 (in quell’anno ci fu la peggiore: arrivò a 1,7 miliardi di euro ma era pieno caos in Europa).

 

Questa volta gli ordini totali si sono fermati a 2,1 miliardi mentre le aspettative del mercato erano attorno agli 8-10 miliardi, nonostante una durata più ridotta (quattro anni) e un rendimento (1,45 per cento) superiore alle emissioni precedenti. I piccoli risparmiatori hanno comprato, tra lunedì e mercoledì, solo 864 milioni di Btp Italia, quando a metà maggio erano stati sottoscritti oltre 4 miliardi. A comprare Btp Italia sono stati 31 mila risparmiatori, la metà rispetto a maggio. “È un risultato in direzione opposta all’idea governativa di consolidare la detenzione del debito a livello di retail”, dice un gestore a Reuters.

 

La restante parte dell’emissione è stata comprata da investitori istituzionali (banche, fondi privati e del parastato), comunque sotto le attese. “L’offerta del Btp Italia è arrivata in un momento di incertezza elevata e di bassa visibilità. Chi ha sottoscritto il Btp Italia offerto in maggio oggi registra perdite sul prezzo di oltre il 10 per cento. E’ normale che ci sia cautela”, commenta Luca Cazzulani, strategist di Unicredit. È esagerato dire che i Btp Italia sono trattati come “spazzatura”, ma certo sono snobbati come carta straccia.

 

A dispetto delle attese del governo Lega-M5s, non c’è fiducia nell’azione dell’esecutivo, nelle more di sanzioni economiche da parte della Commissione europea, annunciate mercoledì, per la palese intenzione di non ridurre il debito con la manovra finanziaria per l’anno prossimo. A chi si potrà dunque rivolgere il Capitano, come Salvini è soprannominato dai suoi seguaci? Il ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, confidava in un aiuto della Banca centrale europea di Mario Draghi, secondo lui disposta a esporsi pur di evitare un disastro di dimensioni continentali.

 

Tuttavia, nonostante un rallentamento della crescita anche in Germania, l’Europa nel suo complesso potrà riprendere a crescere insieme all’inflazione – preciso obiettivo della Bce – indipendentemente da un miglioramento in Italia. L’Italia, a questo stadio, non rappresenta un rischio esistenziale per l’Eurozona. Quindi la Bce non è per ora motivata a usare lo strumento inedito degli acquisti illimitati di titoli di stato a fronte di un commissariamento di un paese, l’Outright monetary transactions (Omt). A breve la Bce potrà dispiegare nuovi prestiti a bassi tassi per le banche con il terzo round di operazioni di rifinanziamento (Long term refinancing operation, Ltro), inaugurate durante la crisi europea.

 

L’Italia ne ha fatto ampio uso nelle fasi precedenti attingendo a un terzo dei fondi, in modo sproporzionato rispetto a un’industria bancaria di dimensioni ridotte in proporzione. Per avere liquidità dalla Bce le banche cedono come collaterale titoli di stato. Qui sta il problema come spiegano gli analisti di Capital economics nel report “La Bce non salverà l’Italia” facendo l’ipotesi di declassamento del rating, ora poco sopra il livello “spazzatura”. “Le banche italiane possiedono circa il 20 per cento di tutti i titoli di stato italiani e, nel caso di una serie di downgrade, non sono più ammissibili come garanzia per i prestiti della Bce, limitando l’accesso delle banche italiane a un supporto potenzialmente vitale”. In caso di recessione, l’armata sovranista, giratasi a destra e a sinistra, non troverebbe nessun cavaliere a seguirla.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.