Ascoltare l'allarme dalla Bce

Redazione

L’economia rallenta, l’inflazione fatica, lo spread è alto. Draghi avvisa l’Italia

C’è persino qualcuno che ha pensato di esultare per le parole di Mario Draghi. Nel discorso in occasione dell’ultima riunione di ottobre del Consiglio direttivo, il presidente della Bce conferma una forward guidance invariata che prevede la fine del Qe a dicembre e tassi sui livelli attuali almeno fino all’estate 2019, ma visto che la risalita dei prezzi è ancora debole (“l’inflazione core continua a oscillare attorno all’1 per cento”, quindi non ancora prossima al target della Bce “inferiore ma vicino al 2 per cento”) e visto che all’orizzonte c’è un rallentamento, con un possibile deterioramento delle condizioni finanziarie e delle prospettive d’inflazione, allora potrebbe esserci “un adeguamento nel percorso previsto dei tassi di interesse futuri”.

 

Questa dichiarazione, chissà poi perché, è stata vista dal fronte sovranista e governativo quasi come l’inizio del cedimento dell’Eurozona alla strategia da kamikaze dell’Italia: sarebbe il segnale che se le cose si mettono male, alla fine la Bce interverrà per salvare l’Italia annullando lo spread (è sempre questo il pallino in testa a quelli del Piano B e del falò dei debiti con la Bce). Nulla di tutto ciò. Quelle di Draghi sono solo brutte notizie: se rallenta l’economia nell’Eurozona vuol dire che frena in Italia (c’è poco da gioire sul terzo trimestre negativo della Germania); se non sale l’inflazione vuol dire che crescerà meno il pil nominale e il debito sarà meno sostenibile con tutto ciò che ne consegue anche per la procedura d’infrazione della Commissione (il governo tra l’altro prevede un’inflazione, già elevata, all’1,6 per cento nel 2019 e poi all’1,9).

 

I riferimenti all’Italia non fanno pensare che il governo abbia imboccato la strada giusta, anzi: “La mancanza di un consolidamento fiscale nei paesi con alto debito pubblico aumenta la loro vulnerabilità agli choc”, ha detto Draghi. Che poi ha aggiunto che l’aumento dello spread è stato prodotto “autonomamente mettendo in questione le regole dell’architettura dell’Unione europea” e non ha ingenerato “un contagio finanziario” – se non limitato – su altri paesi. Ognuno, e soprattutto chi fa politica, può interpretare a piacimento, ma quello della Bce più che un cedimento sembra un avvertimento.

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