Di Maio con i lavoratori della Bekaert (foto Imagoeconomica)

Alla fine Di Maio si è rivenduto pure l'odiato Jobs Act

Giuliano Cazzola

Di Maio mantiene la promessa fatta ai lavoratori della Bekaert di ripristinare l’erogazione della cig anche in caso di cessazione dell’attività. E lo fa copiando il provvedimento più volte attaccato

Nel campo del diritto del lavoro Giggino Di Maio sembra Alice del paese delle Meraviglie. Mentre la bambina della fiaba si muove nella nuova realtà che si è aperta davanti ai suoi occhi, con grazia e curiosità, il ministro-ragazzino sprizza presunzione, arroganza e palese avversione al principio della morale socratica (so di non sapere). In una delle sue ultime uscite se l’è presa – more solito – con il Jobs Act. Col tono della buonanima (“Dio stramedica gli inglesi’’), il titolare (per modo di dire) del Lavoro si è lanciato in una sequela di infamie: “Sia dannato il giorno in cui venne fatto il Jobs Act. Chi lo ha fatto non deve essere chiamato statista ma assassino politico”.

 

A causare questa escalation di cieco furore è stata la scoperta (durante l’incontro con i lavoratori della Bekaert) che quando un’azienda chiude definitivamente i battenti, non ha senso applicare il regime di cassa integrazione alle maestranze (come si faceva una volta, per moti anni e talvolta per decenni) essendo l’istituto finalizzato a coprire e tutelare i lavoratori durante un periodo (che nei casi di riconversione, ristrutturazione e riorganizzazione può essere di anni) a conclusione del quale l’azienda ha la possibilità di ripartire risanata. E’ inutile fingere che dei disoccupati siano ancora alle dipendenze di una “scatola vuota’’. La Naspi e le misure di politiche attive sono lì apposta per tutelare queste persone. Lo stesso reddito di cittadinanza – a prenderlo per un momento sul serio – è incompatibile con un ricorrente uso improprio della cig.

 

Ma, agli ex dipendenti della Bekaert di Figline Valdarno (318 lavoratori a spasso), un infervorato Di Maio aveva promesso di ripristinare l’erogazione della cig anche in caso di cessazione dell’attività. E lo ha fatto utilizzando il decreto Genova del suo compare Danilo Toninelli. Con tutti, dal sindaco ai sindacati, a intonare peana di ringraziamenti e lodi. Il fatto è che l’articolo 44 del decreto Toninelli (n.109/2018) è copiato (consultare per credere) da un’altra norma (l’articolo 21 comma 4 del dlgs n.148/2015 il quale è parte integrante del pacchetto definito Jobs act). Soprattutto, nei due provvedimenti, sono identiche le “causali di intervento’’ che possono consentire l’autorizzazione a un ulteriore periodo di cig straordinaria anche in caso di cessazione dell’attività produttiva da parte dell’impresa: è sufficiente che “sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale’’. Di Maio, quindi, si è rivenduto l’odiato Jobs Act, che – nonostante “l’assassinio politico’’ di cui è ritenuto responsabile, non aveva ignorato una soluzione ragionevole, anche nel caso della cessazione dell’attività. La stessa, poi, che il governo dell’Apocalisse non ha disdegnato di riprodurre.

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