Danilo Toninelli (foto LaPresse)

La fusione Fs-Alitalia puzza di monopolio e suona un po' trash

Carlo Stagnaro

Il confine tra l’operazione di sistema e il colossale spreco di risorse pubbliche è molto labile, ed è surreale che proprio il partito nato dalle proteste contro gli sprechi spinga per varcarlo

Roma. Il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, sembra convinto che la salvezza di Alitalia passi per la fusione con le Ferrovie dello stato. Detta così pare una barzelletta – il campione nazionale dei ritardi – ma altri, come il Garante della concorrenza, l’Autorità dei trasporti e la Commissione europea, potrebbero non avere altrettanto sense of humor. Battisti ha in pratica sollevato due punti: le possibili sinergie tra il trasporto aereo e ferroviario (“eviteremmo le sovrapposizioni… intercettando le onde da altri paesi intercontinentali… fare questo con collegamenti ad Alta Velocità rappresenta una grandissima opportunità”) e tra i servizi e l’infrastruttura (“portare l’Alta Velocità dentro Fiumicino o dentro Malpensa… sarebbe fantastico”). C’è da credere che le Autorithy per la concorrenza italiane ed europee abbiano messo in allerta i rispettivi uffici.

 

Infatti, il merger tra le due aziende di servizi – Trenitalia e Alitalia – darebbe luogo a una situazione di dominanza intollerabile. Prendiamo per esempio la tratta Milano-Roma, dove la concorrenza non si gioca solo all’interno dei due mercati, ma anche tra di essi. Sulla ferrovia, che assorbe circa i tre quarti degli spostamenti, Trenitalia ha una quota di mercato stimabile attorno al 65 per cento. Per quanto riguarda i voli, Alitalia ha la quasi totalità del mercato. Congiuntamente, avrebbero un tesoretto attorno al 70 per cento di tutti gli spostamenti esclusi quelli su strada. Per ottenere il via libera, Toninelli dovrebbe dimostrare che con la fusione si determinano delle efficienze impossibili da raggiungere in altro modo. Ma verosimilmente esse non dipendono dall’integrazione societaria: lo dimostra l’accordo appena chiuso da Trenitalia con Emirates, che si declina esattamente nella stessa prospettiva evocata da Battisti. Del resto, dalle parole di Battisti si capisce chiaramente che le potenziali sinergie dipendono proprio dal consolidamento monopolistico, grazie al quale si potrebbero creare sussidi incrociati, restrizioni opportunistiche dell’offerta, barriere all’ingresso per i rivali, eccetera. Difficile dunque che l’operazione possa procedere senza l’obbligo di cedere slot e tracce: facendone cioè venire meno la ratio stessa.

 

Secondariamente, le presunte sinergie sembrano derivare dal coordinamento tra le politiche commerciali di Alitalia e Trenitalia e i piani di sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria. Le direttive europee prevedono che quest’ultima sia gestita secondo criteri di terzietà, senza figli e figliastri. Se i nuovi investimenti sono finalizzati a massimizzare i ricavi di Alitalia e Trenitalia, a scapito dell’offerta dei concorrenti, siamo di fronte a una condotta chiaramente anti concorrenziale. Anche solo il sospetto che ciò possa avvenire dovrebbe spingere l’Antitrust e l’Autorità dei trasporti a fare approfondimenti prima che sia troppo tardi. Alternativamente, il collegamento della rete in alta velocità agli aeroporti dovrebbe essere valutato a prescindere dalle alchimie societarie. In tal caso, sarebbe interessante conoscere i contenuti dell’analisi costi-benefici che certamente l’anti Tav Toninelli ha già chiesto a Marco Ponti.

 

Infine, come ogni investimento, anche l’acquisizione di Alitalia implica una responsabilità degli amministratori, i quali rispondono personalmente delle loro scelte. Se in futuro emergesse che il salvataggio di Alitalia era platealmente privo di speranze, nessuno considererebbe come un’esimente il fatto che l’idea sia nata, o sia stata condivisa, dal ministro dei Trasporti. Il confine tra l’operazione di sistema e il colossale spreco di risorse pubbliche è molto labile, ed è surreale che proprio il partito nato dalle proteste contro gli sprechi spinga per varcarlo. Le Ferrovie hanno dato ai nuovi convogli nomi musicali, pop e rock: la fusione con Alitalia potrebbe essere un passo verso il trash.