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Chi ha paura dello spread? Banche e lusso a due velocità a Piazza Affari

Mariarosaria Marchesano

Mentre i titoli finanziari italiani perdono 7-8 punti in più rispetto all'indice di settore europeo, le società del made in Italy sono percepite dagli investitori poco esposte al rischio-paese

Milano. Non c'è pace per i titoli bancari, oggi nuovamente colpiti dalle vendite a Piazza Affari, che accelera a metà mattinata dopo un avvio cauto, in controtendenza rispetto alle altre Borse europee. Negli ultimi tre mesi i due principali istituti di credito del paese, Unicredit e Intesa Sanpaolo, hanno perso in Borsa intorno al 26 per cento, sette-otto punti in più rispetto all'indice di riferimento di settore a livello europeo (-19 per cento). E in alcuni casi, come il gruppo Bpm la perdita è stata ancora più consistente (-35 per cento). Ma si sa, i bancari sono i titoli della Borsa più esposti alle variazioni dello spread, cioè il differenziale dei rendimenti tra i titoli di stato decennali italiani e quelli tedeschi, che a partire da maggio scorso si è impennato fino a raggiungere 300 basis point, ma negli ultimi giorni si è ridimensionato dopo le rassicurazioni del governo sui conti (oggi è intorno a 253 punti). E proprio grazie al calo dello spread, le azioni delle banche avevano recuperato terreno nelle ultime due sedute e oggi appaiono di nuovo sotto pressione. Il punto è che le banche italiane hanno in pancia centinaia di miliardi di titoli di stato e questo le rende vulnerabili a qualsiasi oscillazione del mercato del debito pubblico, che a sua volta risente delle scelte (e delle dichiarazioni) dell'esecutivo in materia di politica economica e finanziaria. Per dirla in breve, le aziende di credito perdono sui mercati quando il rischio paese aumenta e guadagnano quando c'è stabilità politica e gli investitori hanno la percezione che il deficit sia sotto controllo.

  

Made in Italy controcorrente e difensivo

Esattamente il contrario avviene per i titoli del lusso, che, tranne eccezioni come Ferragamo, che sta affrontando una fase di ristrutturazione, mostrano sempre di più una pecularietà anticiclica rispetto alle tensioni provenienti dal mercato domestico. Come spiega Paola Carboni, analista di Equita, “l'andamento dei titoli del lusso italiano appare decorrelato da questi fattori perché le società che li producono esportano fino il 90 per cento del loro fatturato, sono poco indebitate e il loro business non è regolamentato”. Si potrebbe aggiungere che non è soggetto a leggi pubbliche come avviene, ad esempio, per le concessioni autostradali. “Questo, certo, rende sensibili i titoli del settore lusso ad altre variabili geopolitiche, come per esempio il rallentamento del mercato cinese”, prosegue l'analista. Insomma, il made in Italy della moda e del lifestyle, in cui troviamo marchi come Moncler, Louis Vuitton, Cucinelli, Luxottica, Safilo, fanno registrare un andamento a Piazza Affari che spesso è in controtendenza. “Da inizio anno, infatti, il settore ha guadagnato più del 20 per cento e nel periodo critico, cioè da maggio in poi, ha semplicemente rallentato la corsa o è rimasto stabile in un contesto in cui tutti perdevano. Non è detto, comunque, che anche per queste azioni non vi siano momenti critici. “Molto dipende dalla sensibilità degli investitori. Finora hanno prediletto il lusso a scapito dei finanziari perché nella loro percezione i primi non risentivano del rischio di instabilità politica. I mercati restano volatili, ma per ora mi pare che il comparto regga molto bene”, conclude Carboni. 

   

Grande scivolo per Saras, si risolleva Telecom

Tra le storie che caratterizzano la giornata di Borsa, oggi, lo scivolone di Saras (-12 per cento) dopo la notizia che la famiglia Moratti collocherà una tranche pari al 10 per cento del capitale della società petrolifera da cui ricaverà 190 milioni di euro (ma il prezzo di cessione è stato considerato a sconto dal mercato). Per contro, Telecom si risolleva e rimbalza del 2 per cento dopo i consistenti cali delle ultime due sedute. Gli investitori sembrano dare fiducia alla società, dopo che Vivendi ieri ha emesso un comunicato mettendo in discussione la gestione di Tim. Il gruppo francese ha attaccato Eliott e il cda parlando di governance "fallimentare", ma il presidente di Telecom Fulvio Conti ha rispedito al mittente le accuse, sottolineando che a penalizzare il titolo, ai minimi dal 2013, sono le vicende d'Oltralpe e ribadendo l'unità del consiglio nell'esecuzione del piano industriale.

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