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Grandi opere, grande inaffidabilità

Redazione

Sulla Pedemontana riesplodono le contraddizioni del governo

Ormai, sulle grandi opere, si rischia quasi l’assuefazione: un lento, mitridatico abituarsi all’incoerenza. Un ministro dice sì, l’altro ribatte no, e noi qui a stringerci nelle spalle e a sospirare “vabbè, che vuoi che sia”. E però quello che è accaduto giovedì riesce, forse, ancora a sorprenderci. Perché mentre Matteo Salvini, a Venezia, firmava il protocollo di sicurezza sulla Pedemontana insieme al governatore veneto Luca Zaia, tutto orgoglioso e sorridente, il capogruppo regionale del M5s Jacopo Berti, in diretta Facebook, parlava così: “Vi ha fatto venire il voltastomaco sapere quanto guadagnano i Benetton dalle Autostrade? Bene, preparatevi ad affrontare la dura realtà: chi gestirà la Pedemontana veneta guadagnerà il doppio. Parliamo di 5,7 miliardi di euro, una cifra immorale”. E insomma uno si aspetta che mentre il titolare del Viminale dà il via libera alla superstrada, il suo collega di governo, responsabile dei Trasporti, sia quantomeno d’accordo con lui. E invece il prode Berti ci informava: “Il Mit è già stato avvertito, farò di tutto perché questo scempio sia fermato una volta per tutte”.

 

D’altronde, Toninelli in quelle ore era troppo impegnato a smentire se stesso sui divieti – prima revocati e poi confermati, poi infine “vedremo” – al passaggio delle grandi navi davanti a San Marco, e da uno così non ci si può aspettare troppo. Ma da un governo che ormai è in carica da quasi tre mesi, è invece doveroso attendersi un po’ di chiarezza sulla strategia in merito alle infrastrutture: se vengono ritenute un attentato all’ambiente, un favore alle lobby mafiose, o un’opportunità di crescita e di sviluppo per il paese. Di ambiguità ce n’è già stata fin troppa. E quando l’economia diventa ambigua l’effetto per un paese è sempre lo stesso: la perdita di affidabilità.

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