Milano, sede Unicredit (foto LaPresse)

Sovranità limitata

Redazione

Le voci sulla fusione SocGen-Unicredit e i limiti del modello Salvini-Di Maio

Tornano i rumors su un’acquisizione di Unicredit da parte di Société Générale, e la maggioranza sovranista oscilla tra disinteresse – meglio gli sbarchi e la ristatalizzazione delle autostrade – e sudori freddi. Che accade se la seconda banca francese per asset mette gli artigli sulla prima italiana? Ancora più: se impadronendosi di Unicredit, SocGen estende il controllo sulla controllata Mediobanca, e da lì a Generali, forziere di risparmi e titoli di stato? Queste ipotesi, sempre smentite dagli interessati, non sono nuove: prima che l’ad Jean Pierre Mustier riuscisse nell’aumento di capitale da 13 miliardi del febbraio 2017, l’intervento transalpino era dato per certo. Mustier ce l’ha fatta da solo, ricorrendo al mercato, ma ha un problema: è appunto francese. E accreditato di amicizie con Vincent Bolloré, il nemico dei nazionalisti (di ieri e di oggi) dentro Tim e Mediobanca.

 

Per chi ama i complotti ce n’è in abbondanza; ma stavolta il quadro potrebbe cambiare. SocGen ha annunciato un’internazionalizzazione che ha già prodotto l’acquisto della divisione equity di Commerzbank e la destinazione di 4 miliardi a operazioni in Italia. Non bastano per scalare Unicredit che ne capitalizza 28,5 (poco meno di SocGen), ma per un’alleanza sì. Mustier è stato bravissimo nella ricapitalizzazione, ma ha dovuto cedere la divisione risparmio Pioneer ad Amundi (sempre francese) e ha trasformato Unicredit in una public company contendibile. Ma nel caso, cosa può fare il governo Salvini-Di Maio? Schierare la Cassa depositi e prestiti? Nazionalizzare (anche) Unicredit? Magari potrebbe riflettere sul fatto che nella detestata ed europeista Francia banche, governo e stato fanno sistema. Qui il governo si dichiara nemico delle banche; nel nome del popolo s’intende.