Il premier Giuseppe Conte (a sinistra) e il ministro dell'Economia, Giovanni Tria (foto LaPresse)

Mirino su un settembre gialloverde choc

Redazione

Legge di Bilancio, esaurimento del Qe, Tria in trincea. Lady Spread in agguato

Dando appuntamento a settembre per la legge di Bilancio 2019 Giovanni Tria ha citato la flat tax, promessa dalla Lega, circondandola di caveat: rispetto degli impegni con l’Europa a cominciare dalla riduzione del debito (di sforare il 3 per cento di deficit non se ne parla); gradualità; task force per il reperimento delle risorse, aggiungendo che dalla “pace fiscale” non si potranno ricavare più di 50 miliardi una tantum. Fosse però solo questo: il ministro dell’Economia non pare aver preso in vera considerazione il reddito di cittadinanza, motivo della vittoria grillina, costerebbe tra 16 e 32 miliardi l’anno. Risultato: se i leghisti sono diffidenti, i Cinque stelle sono pronti a far saltare il tavolo; nel 2019 ci sono le elezioni europee e il M5s non può presentarsi solo con un pugno di poltrone dopo aver promesso la luna. A fine settembre poi la Banca centrale europea dimezzerà a 15 miliardi gli acquisti di Btp per azzerarli a fine anno. La fine del Qe non turba i titoli spagnoli e portoghesi, ma un’occhiata ai futures dei Btp mostra grafici in picchiata sulle scadenze a due-tre anni: i mercati scommettono su un’altra crisi dell’Italia, se non su qualcosa di peggio. Tria può davvero divenire l’ultimo baluardo: ha blindato le tre cariche strategiche della Ragioneria dello stato (Daniele Franco), della direzione generale del Tesoro (Alessandro Rivera) e della direzione generale delle finanze (Fabrizia Lapecorella). Su questo “vincolo interno” vigila Sergio Mattarella, il quale ieri ha ricordato il proprio obbligo di far rispettare l’equilibrio di bilancio e la “reputazione” del paese. Ma la tempesta di autunno si avvicina e, come si è visto con il contratto di governo, basta una parola a trasformarla in tsunami.