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C'è una fronda a Genova per la Bce

Redazione

Una lezione per gli anti euro dalle dimissioni di Tesauro da Carige

Le dimissioni del presidente e di uno dei consiglieri di amministrazione di Banca Carige arrivano in un momento delicato per la banca genovese convalescente. Il presidente Giuseppe Tesauro, ex giudice della Corte costituzionale, si è dimesso lunedì e ieri il consigliere indipendente Stefano Lunardi ha fatto lo stesso. Le dimissioni sono state spiegate in termini di divergenze nella governance della banca e di ingerenze della Banca centrale europea che vigila ed esercita moral suasion sull’istituto finito in crisi dopo la gestione decennale di Giovanni Berneschi, ora a processo per truffa al ramo assicurativo della banca.

 

Dalle motivazioni delle dimissioni filtrate dall’Ansa e dall’intervista di ieri alla Stampa di Tesauro si capisce che tra le criticità c’è il fatto che l’amministratore delegato Paolo Fiorentino, ex manager di Unicredit, ha monopolizzato il dialogo con la Bce superando il cda che si ritroverebbe dunque a dovere digerire decisioni già prese. “Il commento che faccio – ha detto a questo proposito Fiorentino a Reuters – è che naturalmente la Bce sceglie i propri interlocutori sulla base delle esigenze ma anche delle professionalità”. Tesauro, un giurista, si è probabilmente sentito solo marginalmente coinvolto nella gestione di Carige perché da Francoforte un banchiere di professione come Fiorentino è ritenuto più affidabile. Senza contare che per consuetudine (e di fatto) la presidenza di una banca non è una carica operativa. Carige è una banca con ancora delle forti fragilità e in quanto tale si trova necessariamente a essere osservata attentamente dall’Autorità di vigilanza europea in quanto parte dell’Eurosistema. Non è possibile divincolarsi da un organismo sovranazionale – a maggior ragione da una posizione di debolezza. La lezione valga come insegnamento per i sovranisti che invocano l’uscita dall’euro: ovvero che non c’è alternativa all’adesione al blocco se non, appunto – e si passi il paragone – le dimissioni (come quelle di Tesauro e Lunardi) che coincidono con l’esilio. La presidenza deve ora passare al vicepresidente, Vittorio Malacalza, cioè il principale azionista della banca con una quota del 20,5 per cento. Tuttavia, questo sarebbe contrario al suo impegno con la Bce a non esercitare il controllo sulla banca. Quindi, Malacalza dovrà convocare un cda speciale per sostituire Tesauro. La litigiosità al vertice e nella compagine societaria non depone a favore di una evoluzione tranquilla.