Edmund Phelps (foto LaPresse)

Abbiamo spiegato al Nobel Phelps il reddito di cittadinanza, pensava lo prendessimo in giro

Luciano Capone

"Quindi devi essere disoccupato, poi vai da qualcuno dello stato e dici: ‘Eccomi qui!’. E questo è tutto?". "Mi sta prendendo in giro?"

Qui di seguito uno stralcio dell'intervista di Luciano Capone al premio Nobel per l'Economia Edmund Phelps (qui trovate la versione integrale), in cui l'economista commenta – incredulo – il reddito di cittadinanza del Movimento 5 stelle. 

  


 

Ma sul reddito di cittadinanza, prima della risposta, è stato necessario un approfondimento per spiegare la proposta del M5s, che ha divertito molto l’economista della Columbia University. “E’ un reddito di base universale?”, chiede. No, si chiama reddito di cittadinanza, ma è un sussidio condizionato per i poveri che integra il reddito fino a circa 800 euro al mese. “Ok”. Poi, a queste persone i centri pubblici per l’impiego devono trovare un posto di lavoro. “E che succede se non lo trovano?”. Niente. “E’ un’idea terribile – dice sorridendo Phelps – penso che sia un errore grave abbandonare le persone al settore pubblico che deve inventare cose da far fare ai giovani. Perché è un sussidio per i giovani, giusto?” No, in realtà è per tutti. “Oh, quindi è per tutte le persone in età lavorativa ...” No, in realtà è anche per i pensionati. “Anche dopo?! Anche a 85 anni?! Non ci credo, mi sta prendendo in giro?”, dice Phelps prima di ridere di gusto. “Quindi devi essere disoccupato, poi vai da qualcuno dello stato e dici: ‘Eccomi qui!’. E questo è tutto?”. No, devi anche andare ogni tanto al centro pubblico per l’impiego e chiedere se hanno un lavoro per te. “E se non ce l’hanno? – si chiede sorridendo incredulo Phelps – È tutto ok?”. Si aspetta che ne trovino uno. Naturalmente questa non è un’idea del ministro Tria, ma è nel programma sottoscritto dai partiti di governo. Può essere efficace? “E’ una pessima idea – dice l’economista prendendosi una pausa – sto pensando ... ma ... no, non c’è alcun modo per modificarla e farla funzionare. Posso capire che si possa creare qualche sussidio che venga amministrato attraverso le imprese. Ad esempio le aziende che fanno nuove aperture o intraprendono nuove iniziative possono ricevere un sussidio per le nuove assunzioni, questo potrebbe essere positivo perché incoraggia un po’ di innovazione, aiuta le aziende che fanno nuove cose e formano le persone. Ma affidare tutto al settore pubblico, che non ha nulla da offrire, è una totale mancanza di riconoscimento dell’esperienza e della centralità del lavoro nella vita delle persone”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali