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Occhio: la nuova Eurozona offre all'Italia più rischi che benefici

Guido Tabellini

Bene il bilancio in comune, male l’Esm. Se la proposta di Francia e Germania non è negoziabile, meglio lasciarla cadere

Il documento franco-tedesco sull’Europa ha attirato l’attenzione politica soprattutto per le proposte sul problema dell’immigrazione. Ma ci sono importanti novità anche per l’Eurozona. Sono novità che l’Italia farebbe bene ad accettare o a rifiutare?

 

Come ha osservato Federico Fubini sul Corriere della Sera, la risposta è tutt’altro che ovvia, e non solo perché mancano ancora molti dettagli. Da un lato infatti Francia e Germania hanno formulato proposte che rinforzerebbero le fragili fondamenta della moneta unica. La principale novità è l’istituzione di un bilancio per l’Eurozona, finalizzato a finanziare investimenti per promuovere la competitività e la convergenza tra paesi. Presumibilmente le dimensioni del bilancio saranno modeste, non sono previste funzioni di stabilizzazione anticiclica e gli Eurobond non sono in agenda. Tuttavia, qualunque progetto di Unione Fiscale non può che cominciare in modo graduale, e la cosa importante è che sia stata accolta l’idea che l’Eurozona deve disporre di risorse proprie da affiancare all’Unione monetaria. Inoltre, è prospettata l’erogazione di prestiti a favore di paesi colpiti da forti aumenti di disoccupazione a causa di choc avversi – non una vera e propria assicurazione europea contro la disoccupazione, ma qualcosa che vi si avvicina. Sono novità importanti, che potrebbero essere sviluppate ulteriormente nei decenni futuri, e su cui la Germania ha fatto concessioni rilevanti.

 

Accanto a questi aspetti positivi, tuttavia, le proposte riguardanti il Meccanismo europeo di Stabilità (Esm) sono molto più deludenti. In positivo, l’Esm potrà erogare prestiti precauzionali anche prima che un paese abbia perso l’accesso al mercato finanziario. Inoltre, l’Esm potrà estendere credito al Fondo di risoluzione unico istituito per far fronte alle crisi bancarie dell’Eurozona (fino a raddoppiarne le risorse peraltro limitate), venendo finalmente incontro a una esigenza già prevista fin dal 2013 quando fu concepita l’Unione Bancaria. L’operatività di questa linea di credito sarebbe comunque sospesa fino a quando le banche (del sud Europa) non abbiano diminuito i crediti deteriorati che hanno in portafoglio. In negativo, viene mantenuta la forma intergovernativa dell’Esm, che resta soggetto al diritto di veto del Parlamento tedesco e di altri parlamenti nazionali. L’Esm inoltre acquisisce nuove prerogative di controllo sulla situazione economica degli stati membri, anche in funzione preventiva, di fatto sovrapponendosi in questo ruolo alla Commissione europea. Inoltre, vengono rinforzate le clausole di azione collettiva per facilitare un’eventuale ristrutturazione del debito pubblico, con un ruolo più esplicito e più attivo dell’Esm nel promuovere la ristrutturazione ove il debito sia giudicato insostenibile. 

 

In sostanza, l’Esm (espressione di fatto dei paesi creditori e parzialmente soggetto ai loro umori politici) acquisirebbe nuove prerogative che gli consentirebbero di condizionare la fiducia dei mercati finanziari verso i paesi più indebitati. E’ ovvio quanto questo sarebbe pericoloso per un paese fortemente indebitato come l’Italia.

 

Nel documento franco-tedesco non si parla di penalizzare le banche che detengono una quota elevata di titoli di stato più rischiosi (cioè del sud Europa). Ma presumibilmente questa richiesta verrà sollevata quando si discuterà dei dettagli operativi di un nuovo fondo europeo per la (ri)assicurazione dei depositi, dopo l’estate. Infine, viene accantonata l’idea di facilitare la cartolarizzazione dei titoli di stato dell’Eurozona da parte di intermediari specializzati, concepita allo scopo di ampliare l’offerta di strumenti finanziari con diversi gradi di rischio – probabilmente una decisione saggia e anche nell’interesse dell’Italia.

 

In qualunque negoziato, i compromessi sono inevitabili. Sia Francia sia Germania hanno fatto concessioni e ottenuto qualcosa. Anche per l’Italia ci sono novità positive e rischi di peggiorare rispetto allo status quo. Cosa prevale sulla bilancia? E’ difficile rispondere, ma io credo che per l’Italia i rischi siano più pesanti dei benefici. L’Italia ha un debito pubblico molto più alto della Francia, e minori margini prima di arrivare all’insostenibilità. Per noi è essenziale mantenere la fiducia dei mercati. Nonostante la maggiore flessibilità nell’erogazione di linee di credito preventive, il nuovo regime previsto per l’Esm potrebbe far apparire più probabile l’evento estremo di una ristrutturazione del debito, esponendo il nostro paese alla volatilità dei mercati e magari anche a impliciti ricatti politici da parte dei paesi più forti.

 

A fronte di questi gravi rischi, i benefici derivanti dalla nascita di un bilancio comune per l’Eurozona sono soprattutto simbolici e rinviati a un futuro forse lontano, perché le risorse disponibili nei prossimi anni sarebbero comunque limitate. Se la proposta di Francia e Germania non è negoziabile e va presa in toto o lasciata cadere, forse è meglio lasciare le cose come stanno. Naturalmente queste valutazioni prescindono da considerazioni sulle altre politiche europee, anche esse oggetto di un difficile negoziato.

 

Qualunque decisione venga presa in Europa nelle prossime settimane, una cosa è comunque certa. L’Eurozona è una costruzione fragile e imperfetta, e rimarrà a lungo tale. Non c’è alcun dubbio che i costi di uscirne sarebbero proibitivi. Non abbiano dunque alternative, se non affrettarci a ridurre le nostre fragilità, e in particolare a far scendere il debito pubblico. I costi delle imperfezioni della moneta unica, infatti, ricadono soprattutto sui paesi più deboli. Più ritardiamo il nostro aggiustamento, più a lungo resteremo vulnerabili ed esposti alla volatilità finanziaria, e più faticheremo a ritrovare la strada della crescita economica.

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