Perché l'aumento dello spread non preoccupa il settore privato

Redazione

La lezione delle multinazionali a uno stato inflazionato dal deficit

La questione dell’aumento dello spread è rilevante ma non preoccupa il settore privato se non per l’aumento dei costi di finanziamento delle imprese. E’ interessante notare che le aziende maggiori si sono già messe al riparo da turbolenze di mercato generate e acuite dal governo euroscettico, fino a prova contraria, di Lega-M5s o azzerando il debito come ha fatto la Fca di Sergio Marchionne, oppure finanziandosi a tasso zero grazie alla Banca centrale europea. Siamo in un momento in cui il secondo paese più indebitato d’Europa è guidato da un esecutivo la cui ricetta più chiara è l’aumento della spesa in deficit, mentre le società di capitali private e pubbliche di quello stesso paese hanno ridotto l’indebitamento. Il settore privato ha in sostanza da insegnare al pubblico come approfittare di condizioni finanziarie favorevoli, ovvero quelle garantite dalla Bce, che presto però purtroppo si esauriranno come confermato ieri dall’Eurotower.

  

Un’analisi del Financial Times rivela che nel 2017 le nostre imprese hanno emesso con successo bond per 44 miliardi e per il prossimo futuro non avranno bisogno di prestiti. Si va dai 9,25 miliardi dell’Enel e i 7,34 di Wind agli 1,6 miliardi delle Fs e gli 1,56 della Pedemontana veneta. Nel gruppo anche Telecom, Atlantia, Snam, Eni, Terna, Saipem. Aziende che non risentiranno dell’accoglienza che i mercati riserveranno al governo, come infatti già accade in questi giorni: mentre il formarsi della maggioranza pentaleghista e del suo programma ha raddoppiato lo spread del debito pubblico, l’indice Fideuram delle obbligazioni private è salito solo dello 0,7 per cento. Certo, eventuali declassamenti delle agenzie di rating riguarderanno a cascata anche le aziende: ma quelle pubbliche dovranno preoccuparsi soprattutto dello spoils system e della cancellazione di infrastrutture in omaggio alla decrescita grillina, mentre quelle private guarderanno sempre più all’estero, con buona pace dei sovranisti. Com’è accaduto in altri momenti di passaggio, le imprese e i mercati saranno più forti del governo e dalla maggioranza. Meglio affidarsi a loro che al “cambiamento” by Di Maio & Salvini e del presidente Giuseppe Conte.

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