Matteo Salvini (foto LaPresse)

Salvini dovrà gettare l'arma dell'Italexit per non perdere la sovranità

Alberto Brambilla

Dopo gli avvertimenti della Banca centrale europea la Lega dovrà evitare messaggi equivoci sull’euro in campagna elettorale

Roma. Se alle prossime elezioni la Lega non vorrà prendere le batoste dell’establishment economico, parte del suo elettorato al nord, dovrà mettere nella fondina la minaccia di un’uscita dall’euro. Il capo Matteo Salvini e il braccio destro Giancarlo Giorgetti sostengono di non volere lasciare il blocco ma di negoziare i trattati europei. Tuttavia le posizioni degli economisti di partito, Alberto Bagnai e Claudio Borghi, e dell’economista Paolo Savona, respinto dal Quirinale come ministro dell’Economia, non rassicurano. Gli avvertimenti alla Lega sono arrivati a tutti i livelli: imprese private e pubbliche attraverso Confindustria, aziende lombarde, senza contare le fibrillazioni sul mercato obbligazionario e azionario, le strigliate del governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, e la Banca centrale europea.

 

Ai paesi membri sani o prossimi al collasso la Bce può servire una zuppa ricca di ingredienti ricostituenti a condizionalità crescenti. I programmi Qe, Smp, Ltro, in condizioni normali, o l’Ela e l’Omt in condizioni di stress. Mentre l’Italia era sotto osservazione degli investitori, nel timore che alle prossime elezioni Lega e M5s possano tornare a invocare l’uscita dall’euro con maggiori consensi, martedì Vítor Constâncio ha avvertito i partiti sovranisti con un’intervista al quotidiano tedesco Spiegel. Il portoghese Constâncio lascerà a breve la vicepresidenza della Bce e può permettersi di additare un paese senza tema d’essere tacciato d’ingerenze. “L’Italia rilegga le condizioni dell’Omt”, ha detto. Il programma Outright monetary transactions (Omt) è l’ingrediente più amaro che la Bce di Mario Draghi può servire al tavolo dell’Eurozona. E’ stato descritto in un comunicato stampa del 2012 e finora mai usato.

 

L’idea è che la Bce interviene sul mercato di un paese in pericolo quando nessun altro lo fa perché i rendimenti dei titoli di stato vanno così in alto da rendere impossibile la relativa copertura delle spese per interessi su bond di nuova emissione. Il paese non ha più accesso al credito ed è prossimo al fallimento. La Bce già compra titoli pubblici sul mercato secondario in condizioni normali, ma il programma Omt, chiamato anche “scudo anti spread”, è subordinato all’assistenza del Meccanismo europeo di stabilità, detto “fondo salva stati”, che è l’unico organismo con funzioni da prestatore di ultima istanza quando, in casi eccezionali, la Bce non può accettare in garanzia titoli di stato di paesi a rischio default. Dall’intervento deriva l’osservanza di certe condizioni: significa firmare un memorandum d’intesa con le riforme macroeconomiche negoziate tra lo stato membro e tre soggetti la Commissione europea, il Fondo monetario e la Bce, detti “troika”. L’Italia diventerebbe un “paese sotto programma” come la Grecia dal 2010-2011 per gli anni successivi. La smania dei partiti sovranisti di recuperare sovranità monetaria verrebbe mortificata con la perdita totale della sovranità.

 

L’Omt è in realtà lontano dall’essere attivato davvero: serve uno stress più grave di un ripido rialzo dei rendimenti dei titoli di stato a breve o di un allargamento dello spread a 230-300 punti come in questi giorni. Il declassamento del rating potrebbe avviare un circolo vizioso tra rischio sovrano e stabilità finanziaria, con conseguenze imprevedibili. Paradossalmente il problema maggiore non sarebbe il debito. La Banca d’Italia ha ricordato che la scadenza del debito pubblico italiano è aumentata fino a sette anni e il cambiamento nella struttura della proprietà del debito, dopo tre anni di acquisti Bce con il noto Quantative easing, rende il problema meno grave per il governo italiano. Il problema maggiore sono i depositi bancari che rappresentano il 56 per cento dei finanziamenti totali delle banche. Le banche sono meno vulnerabili a oscillazioni sui tassi di interesse, lo sono molto di più in caso di fuga di depositi. La corsa agli sportelli è il primo rischio in caso di Italexit e per quello basta il panico. Se Salvini non vuole impoverire il “ricco” nord conviene che la Lega eviti messaggi equivoci in campagna elettorale.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.