La sede della Bce a Francoforte (foto LaPresse)

Eurotower o baby-sitter?

Redazione

Draghi non insiste sul ritiro degli stimoli mentre l’Eurozona rallenta

Focused on patience, prudence and persistence”. Definendo la linea della Banca centrale europea, Mario Draghi ha effettuato una frenata nella piena uscita dagli stimoli monetari. E insistendo su “pazienza, prudenza e perseveranza” il presidente della Bce ha riempito la formula di due annunci: “Gli acquisti di titoli del Quantitative easing proseguiranno fino al termine di settembre 2018, e anche oltre se necessario, mentre le cedole saranno reinvestite”. E: “Dopo il termine del Qe i tassi resteranno a lungo ai livelli attuali”, sotto lo zero. Poche settimane fa si profilava uno scenario di fine degli acquisti senza se e senza ma e di primo rialzo dei tassi nell’estate 2019. Che cosa accade dunque? Draghi vede rallentamenti della crescita dopo che il terzo e quarto trimestre 2017 avevano fatto registrare un più 0,7 per cento, portando la performance dell’anno al 2,4, “livello più alto dal 2007”. Ma la Germania ha appena limato la stima 2018, dal 2,4 al 2,3, e al 2,1 nel 2019. Anche l’Italia ha rinunciato a mettere nel Def un decimale in più della stima di 1,5. “Il declino negli indicatori era inatteso”, ed “è necessario un ampio grado di strumenti di politica monetaria”, dice. Benché la Bce ammetta di non avere le idee chiare sul tipo di rallentamento, se strutturale o congiunturale, dovuto a tensioni geopolitiche, protezionismi, e magari il vuoto di leadership che emerge in Germania dopo molti anni. Entro luglio, tuttavia, dovrà dare indicazioni sull’uscita dal Qe a settembre. L’appuntamento interlocutorio – decidere di non decidere – si è trasformato in un messaggio di prudenza, senza che nessuna decisione sia stata presa. Di fronte agli Stati Uniti che camminano ormai con tassi del 3 per cento sui T-bond, l’Europa sembra non fare ancora a meno del passeggino di mamma Bce.

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