I dieci anni (di crisi) che hanno migliorato le esportazioni italiane

Marco Fortis

Il gran recupero della bilancia commerciale è stato più marcato di quello tedesco grazie al manifatturiero

Mentre i dati Istat di gennaio 2018 hanno visto l’export italiano crescere ancora del 9,5 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno, confermando la buona intonazione degli ultimi mesi, l’Eurostat ha appena diffuso le statistiche complete di commercio estero dei paesi europei per il 2017. E’ quindi possibile tracciare un bilancio di lungo periodo 2007-2017 dell’interscambio dell’Italia dal quale risulta evidente che il nostro paese in dieci anni ha realizzato un autentico ribaltamento del suo saldo commerciale, che è passato da un deficit di 8,6 miliardi di euro nel 2007 a un surplus di 47,4 miliardi nel 2017. Il miglioramento complessivo, pari a più 56 miliardi nel periodo considerato, è superiore persino a quello della Germania (che ha incrementato il suo enorme attivo di 54,7 miliardi portandolo da 194,3 a 249 miliardi).

 

Dal 2007 al 2017 il saldo commerciale è passato da un deficit di 8,6 miliardi di euro a un surplus di 47,4 miliardi. Non male come bilancio per un paese che soltanto fino a poco tempo fa molti economisti davano fuori dai giochi della globalizzazione. In testa agro-alimentare, chimica-farmaceutica e meccanica

Mentre nel 2007 l’Italia figurava appena al ventesimo posto nella classifica della bilancia commerciale dei paesi dell’Unione europea, nel 2017 è salita al terzo posto, superata soltanto, oltre che dalla Germania, dai Paesi Bassi, le cui statistiche di commercio estero sono tuttavia poco attendibili a causa delle gigantesche movimentazioni portuali che ne alterano profondamente la significatività. Si può ben dire quindi che, al netto dell’“effetto Rotterdam” e considerando la forza reale dei vari paesi come esportatori, spetti all’Italia il secondo posto in Europa per migliore surplus commerciale “puro” dopo quello tedesco.

 

Come ha potuto il nostro paese compiere un simile rovesciamento del proprio saldo con l’estero in appena dieci anni? E’ vero che nel periodo considerato il nostro deficit energetico è sceso da 46,3 a 32,9 miliardi, con un miglioramento di 13,4 miliardi. Ciò principalmente a causa del calo del prezzo del petrolio (di cui peraltro hanno beneficiato anche gli altri paesi). Mentre il nostro passivo per le materie prime industriali, secondo la classificazione Sitc, uno standard internazionale di prodotti da utilizzare per comparare export e import di paesi diversi, è rimasto più o meno lo stesso (meno 13,1 miliardi di euro nel 2007 contro meno 12,5 miliardi nel 2017).

 


La bilancia commerciale di Italia, Germania e Francia: dieci anni a confronto


 

Ma queste due tendenze non bastano a spiegare che in minima parte il formidabile recupero del made in Italy, il cui surplus commerciale è migliorato soprattutto per meriti propri. Certo, la lunga recessione ha abbassato la curva dell’import, favorendo l’incremento del saldo, ma l’export in dieci anni è volato, passando dai 364,7 miliardi del 2007 ai 448,1 miliardi del 2017: un incremento di ben 83,4 miliardi (più 22,9 per cento). Escludendo energia e materie prime industriali, i saldi commerciali degli altri quattro macro-settori della classificazione Sitc vedono l’Italia migliorare su tutti i fronti nell’ultimo decennio. Sono migliorati innanzitutto i nostri due deficit storici della chimica-farmaceutica e dell’agro-alimentare. Nel 2007 l’Italia figurava in terz’ultima posizione nella graduatoria dell’Unione europea per saldo agro-alimentare con l’estero con un deficit di 6,3 miliardi. Nel 2017 il nostro paese è invece passato in leggero attivo, a più 140 milioni, risalendo all’undicesimo posto nella classifica europea. La bilancia commerciale agro-alimentare italiana è stata trainata in quest’ultimo decennio dall’export di vini e spumanti e dei prodotti alimentari a più forte trasformazione industriale, tipo pasta, dolci, vegetali lavorati, che hanno più che compensato lo storico deficit per le materie prime agricole e i prodotti a debole trasformazione tipo cereali, carni fresche, latte, ecc.

 

Nel caso della chimica-farmaceutica eravamo ultimi nella classifica Ue per saldo commerciale nel 2007 con un deficit di 10,8 miliardi. Nel 2017 siamo risaliti al ventiduesimo posto con un deficit che si è più che dimezzato rispetto a dieci anni prima scendendo a 4,3 miliardi. Ciò grazie soprattutto alla crescita dell’export farmaceutico e di diverse specialità chimiche, tra cui molti prodotti della cosmesi come preparati per capelli, trucchi per occhi, rossetti, ecc.

 

Sono poi considerevolmente migliorati i due macro-settori in cui il nostro paese è tradizionalmente in surplus commerciale: la meccanica-mezzi di trasporto (dove l’Italia è storicamente sempre stata seconda in Europa per attivo con l’estero dietro la Germania) e gli “altri manufatti”, categoria residuale che comprende, moda, mobili, carta, metallurgia, gomma-plastica (dove è invece l’Italia ad essere da sempre prima per attivo davanti alla Germania). In dieci anni il surplus commerciale italiano nella meccanica-mezzi di trasporto è passato dai 31,5 del 2007 a 46,3 miliardi di euro nel 2017, con una crescita di 14,8 miliardi (più 47 per cento). Mentre l’attivo degli “altri manufatti” è salito dai 36,3 miliardi del 2007 a 48 miliardi nel 2017, con un incremento di 11,7 miliardi (più 32,2 per cento).

 

Non male come bilancio per un paese che soltanto fino a poco tempo fa molti economisti e opinionisti davano fuori dai giochi della globalizzazione, con imprese giudicate troppo piccole, poco innovative e poco competitive per poter esportare sui mercati internazionali. Erano gli anni in cui, secondo il mainstream del “declino”, il manifatturiero italiano veniva dato ormai per morto. Evidentemente non lo era affatto o deve essere miracolosamente resuscitato visti i dati di cui sopra. I quali, se li aggreghiamo, ci dicono che nel 2017 il surplus commerciale italiano per i manufatti non alimentari (somma delle categorie Sitc 5, 6, 7 e 8) è stato pari a 89,9 miliardi, quinto miglior risultato al mondo e secondo in Europa.