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Non sabotate le fondamenta

Redazione

Come conservare il patrimonio di scelte che fa marciare l’economia

L’economia italiana mantiene un profilo espansivo, in un quadro internazionale ed europeo positivo. La crescita del pil nel quarto trimestre 2017, dello 0,3 per cento, è stata appena inferiore ai due trimestri precedenti, ma l’andamento della produzione industriale, dell’export, l’aumento dell’accumulazione di capitale di aziende e famiglie, e anche il miglioramento della produttività delineano uno scenario favorevole per i prossimi mesi”.

  

Non si tratta di un comunicato uscito fuori tempo massimo da Palazzo Chigi ma della nota mensile dell’Istat sull’andamento economico del paese, di ieri mattina. Tutte le analisi post voto sono doverose, ancora più se l’Italia è l’unico paese europeo nel quale vincono due partiti che, almeno oggi, si dichiarano anti sistema, la Lega di Matteo Salvini (quella di Roberto Maroni e Luca Zaia governa da anni Lombardia e Veneto), e i 5 stelle. Ma forse non è il caso di esagerare con il sud negletto e le periferie abbandonate dalla politica prona al mercato, dalla rottamazione rottamata.

 

L’Italia, è il quadro dell’Istat, non è un cumulo di macerie – anche gli investitori ne sono al corrente. Altre analisi non viziate da una certa sociologia all’impronta, ma basate su dati certi, come quelle della Banca d’Italia documentano che il risparmio delle famiglie è aumentato durante la crisi, e sta aumentando assieme al reddito disponibile, e proprio tra i pensionati ai quali Lega e 5 stelle hanno dedicato i loro cavalli di battaglia, l’abolizione della legge Fornero, il reddito e la pensione di cittadinanza, un assistenzialismo diffuso.

 

  

C’è certo una differenza tra Salvini che dice che “il reddito, prima di redistribuirlo, va prodotto”, e Di Maio che promette stipendi pubblici a pioggia. Produrlo però significa innanzi tutto, come hanno affermato ieri sia la Confindustria, sia il sindacato, sia Sergio Marchionne, continuare a investire in Italia. E farlo non spianando con le ruspe le riforme di questi anni, ma – parole non dei poteri forti o degli eurocrati, ma del segretario della Uil Carmelo Barbagallo – “puntando sul benessere delle persone, incrementando la modernizzazione di Industria 4.0, investendo in ricerca e innovazione, aumentando i patti di produttività aziendale”.

 

Mentre la Cgil elogia il miglioramento della produttività “che apre spazi all’aumento delle retribuzioni”, una linea da sindacalismo riformista. Quanto a Marchionne, ha confermato gli investimenti in Italia per Jeep, Alfa Romeo e Maserati, la riconversione della filiera del diesel e infine ha detto “i 5 stelle non mi spaventano, ne abbiamo passate di peggio”. C’è certo un’Italia nella quale si è incagliato l’ascensore sociale e che, come ha rilevato il Censis, “coltiva rancore”. Se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno un reset politico caratterizzato dal caos decisionale impedisce che le cose buone vengano smontate, ovvero nessuno può decidere di disfare. Ma non confondiamolo con l’infatuazione per un inesistente paese all’anno zero.

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