Lorenzo Fioramonti

Il Varoufakis del M5s

Luciano Capone

Fioramonti, la mente economica di Di Maio, vuole ristrutturare il debito. Un film già visto in Grecia

Roma. Era inevitabile che prima o poi arrivasse il “momento Varoufakis”. Qualche anno fa tutti i nostri partiti antisistema andavano in Grecia per farsi i selfie in piazza Syntagma oppure manifestavano il proprio appoggio a distanza per il referendum anti-euro di Tsipras e soci: c’era Beppe Grillo con i grillini al seguito (“Ad Atene i ristoranti sono pieni”, diceva), era partita la sinistra kalimera e anche la destra sovranista elogiava il patriottismo greco (“E’ un siluro di dimensioni ciclopiche”, esultava Salvini dopo l’esito del referendum). Adesso il modello Grecia sta per arrivare in Italia, nonostante l’esito fallimentare di quella vittoria di Pirro referendaria. Il paese a tutti i suoi livelli – élite e popolo, testa e pancia – è affascinato da tutto ciò che è antisistema o “eterodosso” e ora sembra pronto per prendere in considerazione la proposta di ristrutturazione del debito pubblico fatta da Lorenzo Fioramonti, il Vaorufakis del M5s, e presentata in maniera non tanto entusiasta dal Financial Times.

     

Molti economisti si sono chiesti come sia possibile per il M5s avere un programma che prevede aumenti di spesa e riduzione delle tasse e al contempo una riduzione del debito. Come si fa ad aumentare il deficit oltre il 3 per cento, come dice Di Maio, e allo stesso tempo abbattere debito pubblico di 40 punti come dice il programma? La soluzione proposta da Fioramonti al Ft è semplice: con un default. “E’ il momento giusto per una discussione” sulla ristrutturazione del debito in Italia e in diversi altri paesi europei, ha detto al giornale della City Lorenzo Fioramonti, candidato con il M5s alla Camera, indicato come il principale consigliere economico di Di Maio e come possibile ministro di un suo governo.

    

La proposta del M5s di un haircut del debito – nient’altro che un default parziale – dovrebbe preoccupare i media e l’opinione pubblica italiana più dei problemi di parlamentari grillini con i rendiconti e la cresta sui rimborsi. Perché se in quest’ultimo caso ci sono in ballo qualche centinaio di migliaia di euro e la credibilità del M5s di fronte ai propri elettori, nel caso nell’altro ci sono in gioco 2.300 miliardi di euro di debito pubblico e la reputazione dell’Italia rispetto ai mercati internazionali (non a caso il Ft si occupa di questo e non dei bonifici di Carlo Martelli). L’idea di convocare una conferenza europea per la cancellazione parziale del debito pubblico dei paesi in difficoltà, insieme ad altre trovate di finanza creativa, era stata lanciata anni fa da Yanis Varoufakis, con esiti abbastanza disastrosi, tanto che Tsipras si è visto costretto a scaricare l’economista che aveva preso nell’Università del Texas e fatto ministro. Anche Fioramonti è un cervello in fuga, non è un economista ma un politologo, Di Maio l’ha pescato in Sudafrica e non in Texas, non gira in motocicletta e giubbotto di pelle, ma anche lui ha idee “eterodosse” come Varoufakis sul pil e sul debito. La sua iniziativa di ristrutturazione del debito pubblico riprende una proposta del 2014 del Center for Economic Policy Research.

   

L’opinione degli economisti

L’operazione di taglio del debito, secondo quanto riporta il Ft, comporterebbe l’aiuto della Banca centrale europea: l’Eurotower acquista titoli di Stato e poi cancella il debito. “Se parliamo di una monetizzazione del debito, siamo fuori del mandato della Bce, perché i trattati lo proibiscono chiaramente. Non si può fare. Al di là se la cosa possa essere desiderabile o meno, l’atto costitutivo della Bce vieta qualsiasi finanziamento diretto agli stati”, dice al Foglio Ugo Panizza, economista del Graduate Institute di Ginevra ed esperto di ristrutturazioni del debito pubblico. Questa strada non solo è impercorribile adesso, ma è impossibile che gli altri paesi europei accettino la modifica dei trattati in questa direzione. “Non succederà mai in Europa che si consentirà la monetizzazione del debito, i tedeschi si opponevano persino al Qe”, dice l’economista. Per monetizzare il debito l’unica via è l’uscita dall’euro: “In realtà la monetizzazione era proibita anche quando c’era la lira, dopo il famoso divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro”. Quanto alla proposta del Cepr, Panizza spiega che non è una vera ristrutturazione del debito: “Quella proposta, che si chiama ‘PADRE’, è un’altra cosa. Può ridurre alcuni problemi di liquidità, ma se ci sono politici che lo propongono pensando di ottenere maggiori risorse, beh...è una sciocchezza”.

    

In realtà, prima di Fioramonti, c’è qualcun altro che ha messo sul tavolo un meccanismo di ristrutturazione del debito ed è il falco tedesco Wolfgang Schäuble, anche se nel suo caso il sistema funziona diversamente: una specie di bail-in del debito pubblico accompagnato da una sorta di commissariamento da parte di un Fondo monetario europeo. La cosa è leggermente diversa dalla proposta del Varoufakis italiano e non a caso l’Italia, che ha un debito pubblico al 130 per cento del pil, è schierata con la Francia contro la proposta tedesca.

   

L’intervento del M5s su questo tema non è semplicemente una proposta politicamente irrealizzabile, ma rischia anche di essere dannosa. “Un governo o una forza di governo di un paese ad alto debito come l’Italia dovrebbe sempre dire che non vuole ristrutturare il debito, soprattutto in tempi tranquilli – dice al Foglio Panizza –. Altrimenti il default può diventare una profezia che si autoavvera. L’Italia è ancora in una situazione fragile e parlare ai mercati di ristrutturazione del debito pubblico è da irresponsabili, vuol dire svegliare il cane che dorme”.

    

Per Tommaso Monacelli, economista monetario in Bocconi, l’idea di una specie di monetizzazione del debito è “irrealizzabile”: “Non esiste alcuna ipotesi di realismo e concretezza per cui la Bce possa fare una cosa del genere, è completamente incompatibile con i trattati e il mandato”. L’analisi della fattibilità è la stessa di Panizza, ma secondo Monacelli uscite del genere possono anche non turbare i mercati e alimentare tensioni sul nostro debito: “E’ un’idea così ai limiti del praticabile che non può essere presa seriamente in considerazione – dice l’economista –. Preannunciare l’intenzione di una qualche forma di default, nelle condizioni in cui è l’Italia, è un boomerang talmente devastante per la nostra economica che non penso sia considerata credibile da nessuno. E così accade per tutte le proposte di questi presunti economisti o ragionatori che orbitano nei partiti antieuro. E’ solo una gara a chi la spara più grossa”. L'auspicio, insomma, è che nessuno prenda sul serio i nostri Varoufakis.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali