Pietro Grasso (foto LaPresse)

Liberi e uguali, effetto Ingroia?

Marianna Rizzini

Far risaltare Grasso all’ultimo miglio, questo il problema con il candidato premier “sottomarino”

Roma. Ieri ci si è messa pure la neve: Pietro Grasso, candidato premier di Leu, doveva essere in quel di Napoli, per una grande manifestazione “per la legalità” sulla scia dell’inchiesta di FanPage sui rifiuti, e “per finirla con la corruzione che danneggia i cittadini, i servizi, la convivenza civile”. Tutto annullato causa maltempo, ma è l’intenzione che conta. E l’intenzione, ieri mattina, segnalava un Pietro Grasso improvvisamente emerso da quella che a molti, tra i “nemici” del Pd ma in parte anche tra i colleghi della sinistra-sinistra, poteva apparire come una campagna da candidato premier sottomarino. Non soltanto Massimo D’Alema, infatti, qualche giorno fa, incontrando il sondaggista Nando Pagnoncelli (come ricordava Democratica, la testata online del Pd), pronunciava forse scaramanticamente la frase diventata virale “quanto stiamo sprofondando?”, ma anche tra i compagni meno pessimisti della sinistra-sinistra, sottotraccia, ci si cominciava a interrogare sulla reale forza di sfondamento della candidatura dell’ex magistrato, impegnato sì sul territorio, ma non proprio scoppiettante a livello di percezione presso gli elettorati potenziali. Come fare a far stare Grasso nel dibattito?, è parso a un certo punto il problema. E c’era chi, a sinistra, ricordava il precedente di Antonino Ingroia, altro ex magistrato che nel 2013, a capo di Rivoluzione Civile, si era distinto per una mediaticamente dimenticabile campagna elettorale.

 

Tuttavia Grasso era parso, non molti mesi fa, la soluzione inattaccabile, la panacea preventiva per il sempre possibile deflagrare di divergenze tra alleati (Mdp-Sinistra italiana–Possibile) provenienti da esperienze diverse. E di fronte a quel nome i dubbi si erano rapidamente dissolti: Pietro Grasso, presidente del Senato uscente e icona di società civile. Pietro Grasso, candidato premier, affiancato per giunta da Laura Boldrini, presidente della Camera uscente e icona di società civile al pari dell’ex magistrato, tantopiù che i due erano stati già visti (e presi) come uovo di Colombo nel lontano 2013, quando, a inizio legislatura, ci si era trovati a dover scegliere come seconda e terza carica dello stato dei volti non partitici. E, agli albori della campagna elettorale, Grasso era parso anche un nome capace di pescare per così dire in mari non ancora solcati.

 

In fondo il presidente del Senato, che alla festa di Mdp a Napoli, all’inizio dell’autunno, si era definito “ragazzo di sinistra”, e che poi aveva lasciato il Pd, in giorni di fiducie sul Rosatellum, al grido di “la misura è colma, politicamente e umanamente”, poteva ben essere speranza, si pensava, per chi non si rassegnava a veder ingrossare di voti “ex di sinistra” il Movimento cinque stelle. E quel Grasso che, con eloquio bellicoso, si lanciava nell’agone, aveva fatto ben sperare gli alfieri dell’operazione (sperata) di “conquista dei voti anti-Matteo Renzi” oltreché coloro che avevano immaginato una possibile strategia di competizione nel campo della base grillina scontenta per via della gestione centralizzata (Casaleggio Associati). Con Grasso libero dagli obblighi istituzionali, lessico compreso, si pensava, possiamo ambire alle famose “due cifre”.

 

Solo che, con l’avanzare della campagna elettorale medesima, il candidato premier di Leu – partito lancia in resta verso “l’abolizione delle tasse universitarie – restava sotto il livello delle acque. E, per spiegare come Leu volesse “rilanciare la crescita e lo sviluppo”, si ricorreva sovente, in tv come nei dibattiti, alle metafore e alla presenza scenica dell’ex segretario pd Pier Luigi Bersani. E hai voglia a dire, come ha fatto Grasso, che Leu vuole “accendere i riflettori sul sud”, quando il riflettore diserta spesso dal volto del candidato premier. Recuperare visibilità nell’ultima settimana, questa è dunque la missione per l’ex magistrato, anche tallonato, a sinistra, come gli ricordano in continuazione i “nemici” ed ex compagni del Pd, da Potere al Popolo. E intanto ieri la visibilità, cancellato l’evento napoletano causa neve, passava più mestamente per la precisazione di Grasso sulle possibili convergenze con il M5s: “I grillini sono ondivaghi…”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.