Una scena di Hard Nox, il primo episodio della docu-serie Dirty Money prodotta da Netflix

Così Volkswagen si è arresa alla gogna

Maria Carla Sicilia

I test sugli uomini erano pubblici dal 2016 ma la regina dell'Auto tedesca scivola sulle rivelazioni (di Netflix) per gli esperimenti sulle scimmie. Una resa incondizionata

Sommersa dalle reazioni scandalizzate da parte della politica e dei consumatori, Volkswagen non ha provato nemmeno a spiegare cosa è accaduto nei laboratori americani di Albuquerque e in quelli tedeschi di Aachen dopo il polverone sollevato nei giorni scorsi dall'inchiesta del New York Times, che ha raccontato parte di quello che ricostruisce Netflix nella prima puntata di un documentario, Dirty Money, online da venerdì 26 gennaio. 

  

La posizione dell'azienda, espressa dall'amministratore delegato Matthias Mueller allo Spiegel, non lascia spazio a interpretazioni, almeno per quanto riguarda la vicenda che coinvolge esperimenti sulle scimmie: "I metodi utilizzati da Eugt negli Stati Uniti erano sbagliati, immorali e repellenti. Mi dispiace che Volkswagen sia stata coinvolta come uno degli sponsor di Eugt". Poi, nello stesso giorno, la casa automobilistica ha sospeso Thomas Steg, lobbista e responsabile del gruppo per la sostenibilità e le relazioni esterne, fino a quando non sarà fatta chiarezza sui fatti. Secondo quanto riporta Reuters, Steg era responsabile per Volkswagen dell'Eugt, la società di ricerca che ha promosso i test sui gas di scarico, ed era a conoscenza degli esperimenti sugli animali, ma non ha fatto niente per fermarli. 

   

La resa del gruppo è stata totale, in linea con la posizione espressa fin dal primo momento dal governo tedesco, rafforzata ieri dalle parole del ministro della Giustizia, Heiko Maas: "Chi ha dato il mandato per test del genere deve aver completamente perso il senso della misura", e poi, "abusare di persone e animali per i propri scopi è semplicemente atroce". 

  

Sarà l'atteggiamento post Dieselgate, dovuto alla necessità di limitare il danno d'immagine, o forse un fatto di convenienza politica, ma il silenzio della casa automobilistica sul senso degli esperimenti rischia di creare ancora più confusione. Senza cadere in inutili giustificazioni, forse sarebbe stato possibile ricostruire parte dei fatti: non tutte le notizie degli ultimi giorni sono inedite e scandalose, come dimostra il fatto che i risultati delle ricerca condotta sugli umani nell'Università tedesca di Aachen sono stati pubblicati nel maggio 2016. 

   

Inoltre, come riporta oggi il Sole 24 ore, "far inalare a cavie umane dosi misurate di biossido di azoto (NO2), per poi valutarne gli effetti sull’organismo, è una pratica consolidata tra i ricercatori". A documentare i precedenti è proprio un report redatto da un ente governativo tedesco, la MAK-Commission, che raccoglie una serie di esperimenti condotti da diversi enti sia su persone che su animali tra il 1977 e il 1999. Non solo scimmie, ma anche topi, criceti, maiali e cani. Gli esiti dei test dicono che nel breve periodo non ci sono danni acuti, mentre mancano riferimenti agli effetti sul lungo periodo.

  

Nel dibattito è intervenuto anche Helmut Greim, presidente del comitato scientifico dell'Eugt, provando a difendere l'operato dell'istituto: "I risultati della ricerca erano importanti e rilevanti – ha detto Greim a Handelsblatt – ed è deplorevole che studi del genere non si siano potuti ripetere a causa della chiusura della società. Entrambi gli studi sono stati sottoposti alla commissione etica e approvati". 

  

Secondo le ricostruzioni del documentario Dirty Money, che dedica il primo episodio al caso Dieselgate, i test sulle scimmie affidati da Eugt al centro di ricerca Lovelace di Albuquerque sarebbero noti almeno dall'estate 2017. Nel video si vedono le testimonianze rilasciate da uno scienziato del laboratorio e da un responsabile dell'azienda negli Stati Uniti durante il processo per lo scandalo delle emissioni. Gli esperimenti sono ricostruiti nel dettaglio: dalla durata dell'esposizione, ai cartoni animati mostrati agli animali, al modello di automobili utilizzate. Tutte informazioni che il giornalista Jack Ewing ha ripreso nel suo articolo sul New York Times, citando però solo tre giorni dopo e in un altro articolo il documentario realizzato da Alex Gibney.

  

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