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Cosa succede alla piattaforma Eni bloccata nel Mediterraneo

Gabriele Moccia

Perché la nave Saipem trattenuta dalla Turchia a Cipro è una pedina nella “guerra del gas”

Roma. Il Mediterraneo orientale è sull’orlo di una crisi regionale per il gas? Difficile dirlo, ma la mossa della marina turca di bloccare la nave Saipem 12000, una nave da perforazione noleggiata dall’Eni e diretta nelle acque offshore di Cipro per supportare le attività di trivellazione di Eni nell’area sta creando uno stallo geopolitico dalle conseguenze imprevedibili. “Non ci aspettavamo che accadesse perché siamo assolutamente molto dentro l’Economic zone di Cipro”, ha detto l’ad Claudio Descalzi. Solo qualche giorno fa la stessa Eni aveva annunciato di avere scoperto un giacimento di gas nel Blocco 6, nelle acque cipriote, attraverso il pozzo Calypso 1. Calypso 1 è una promettente scoperta a gas e conferma l’estensione del tema di ricerca di Zohr nelle acque economiche esclusive di Cipro: una scoperta rilevante che ha gettato ulteriore benzina sul fuoco sullo scacchiere. Il fatto che si tratti di un possibile nuovo super giacimento come Zohr ha ulteriormente irritato e allarmato Ankara. Non a caso le parole pronunciate a Roma dal presidente turco Erdogan sulle attività esplorative avviate da Eni e Total nel blocco sei erano già l’avvertimento di un mal di pancia sempre più forte da parte della Turchia nei confronti dell’asse energetico che in questi mesi i governi di Nicosia e del Cairo – con qualche possibile sponda anche da parte di Israele e Grecia – hanno rafforzato.

  

La risposta di Bruxelles al blocco della nave di Eni è arrivata per bocca di un portavoce della Commissione, secondo cui: “La Turchia deve evitare ogni frizione che possa minacciare o provocare azioni dirette contro uno stato membro dell’Ue o danneggiare le buone relazioni di vicinato”. “Richiamiamo la Turchia a desistere dal compiere ancora azioni illegali e a rispettare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale”, dice una nota del ministro degli Esteri greco. Mentre sempre da Atene il premier Tsipras ha richiamato al rafforzamento di una strategia congiunta tra Grecia e Cipro per promuovere il ruolo dei due paesi come pilastri della sicurezza e della stabilità nel Mediterraneo orientale. Ma da Ankara non sembrano giungere messaggi distensivi. Intervistato dal quotidiano Millyet l’ex vice-ammiraglio della marina turca, Cem Gurdeni ha ricordato come “queste iniziative dei greco-ciprioti e della Grecia stanno testando la pazienza e la possibile reazione della Turchia”. La Farnesina segue “al più alto livello”, in raccordo con le proprie rappresentanze diplomatiche a Nicosia e Ankara, la vicenda della nave Saipem, cui le autorità turche non consentono al momento di proseguire la navigazione verso l’area di destinazione. Il ministero degli Esteri sta esperendo “tutti i passi diplomatici possibili” per risolvere la questione.

   

La partita a scacchi che si è aperta, al momento, vede tre schieramenti. Da un lato c’è l’alleanza forgiata tra Erdogan e il presidente russo Putin sul progetto del gasdotto Turkish Stream che alimenta le speranze di Mosca di ricostituire il corridoio energetico meridionale naufragato con la crisi ucraina e quelle di Ankara di ritornare ad essere il vero punto di snodo dei flussi energetici tra Asia ed Europa, un ruolo negli ultimi anni fortemente insidiato dal crescente attivismo, non solo produttivo, dell’Azerbaigian. Dall’altro lato, le convergenze d’interessi crescenti tra il presidente egiziano Al Sisi, quello cipriota, Nicos Anastasiades e il primo ministro greco Tsipras, sancite in occasione del vertice trilaterale tenutosi nella capitale cipriota a novembre. Un vertice che il ministro degli affari Esteri turco Cavusoglu ha definito “nullo e vuoto”. In realtà un po’ di sostanza c’è: gli entusiasmi del Cairo legati al super giacimento di Zohr sono aumentati con l’avvio della produzione che, iniziata a dicembre con 350 milioni di piedi cubi al giorno, raggiungerà entro la prima metà del 2018 un miliardo di piedi cubi e salirà verso fine anno a 1,7 miliardi. Dopo il completamento di tutte le fasi, la produzione raggiungerà i 2,7 miliardi di piedi cubi al giorno entro la fine del 2019, una cifra pari al 50 per cento dell’intera produzione di gas in Egitto. Questa la road map stabilita dal ministro del Petrolio egiziano, Tarek el Molla. Ma le ambizioni egiziane non si fermano a Zohr, il paese intende diventare il principale produttore di idrocarburi del bacino e per questo motivo l’Egyptian Natural gas Holding Company (Egas) indirà a breve due gare d’appalto internazionali per la ricerca di petrolio e gas: il primo bando riguarda il delta del Nilo e il Mediterraneo orientale, mentre l’altra gara ha come oggetto i giacimenti egiziani nel Mediterraneo occidentale. Appetiti produttivi che ci sono anche a Cipro.

   

Il ministro dell’energia cipriota Yiorgos Lakkotrypis, ha confermato che le scoperte ottenute dalle perforazioni esplorative a Calypso, nel blocco 6 della zona economica esclusiva sono positive. Ma un altro elemento di convergenza tra Egitto, Cipro e Atene è legato al trasporto delle fonti prodotte nel bacino. Cipro è una piattaforma ideale per il trasporto del gas e non è un caso che su questa prospettiva si basa il progetto di collegamento dell’EastMed, il gasdotto che punta a rifornire l’Europa di gas utilizzando le riserve scoperte nelle acque di Egitto, Cipro e Israele. Il 5 dicembre i ministri dell’Energia di Cipro e Israele, rispettivamente Yiorgos Lakkotrypis e Yuval Steinitz, il ministro delle Infrastrutture greco Giorgos Stathkis e l’ambasciatore d’Italia a Nicosia, Andrea Cavallari insieme a rappresentanti dell’Ue hanno firmato sempre a Cipro un memorandum d’intesa per la cooperazione nel progetto del tubo. “Il memorandum per lo sviluppo del gasdotto costituisce un'opzione praticabile e strategica e un'infrastruttura di interesse speciale per gli Stati produttori di gas e l’Unione Europea”. Parole che non sono piaciute alla Turchia.

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