Margaret Thatcher (foto La/Presse)

Ripensamenti sulle privatizzazioni a Londra

Redazione

Il Financial Times “processa” il thatcherismo e asseconda il riflusso statalista corbyniano

Contrordine compagni: nel Regno Unito, patria presunta del neoliberismo, avanza un pensiero sinistro teso a mettere in discussione la rivoluzione thatcheriana. L’alfiere più estremo è il leader laburista, Jeremy Corbyn, ma lo stesso governo di Theresa May non ha esitato a ripristinare forme di regolamentazione che si credeva appartenessero al trapassato (vedi l’energia). E, ieri, le austere pagine del Financial Times hanno sdoganato una lunga requisitoria sui pretesi fallimenti delle liberalizzazioni, chiamando sul banco degli imputati Stephen Littlechild, l’economista che architettò le privatizzazioni. L’Ft si sofferma sulla crescente domanda di nazionalizzazioni che alligna nell’opinione pubblica, e solleva una serie di critiche – alcune fondate – sui risultati delle riforme. Nel farlo, però, sembra ignorare tre aspetti: uno logico, uno tecnico e uno politico.

Sul piano logico, dire che qualcosa non funziona non implica per forza che la precedente gestione pubblica fosse migliore. Tant’è che, tecnicamente, ci sono spazi di miglioramento nell’efficacia della regolamentazione: ma ciò non cancella i progressi fatti in efficienza e qualità dei servizi. Dal punto di vista politico il clima è cambiato pesantemente rispetto agli anni Ottanta e anche alla terza via blairiana: i fautori della razionalità economica devono pertanto porsi delle domande, ma – ancora una volta – gli enormi passi avanti, nel Regno Unito e altrove sulla sua traccia, restano. Politica ed evidenza spesso seguono sentieri paralleli: forse è una fatalità che si siano incrociati sotto la figura torreggiante di Margaret Thatcher, o forse lo è oggi che si stiano allontanando. Nel lungo termine, aveva però ragione Marx: la struttura della realtà economica prevarrà sulla sovrastruttura della narrazione politica.

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