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Dal primo gennaio bollette di gas e luce più care. Ecco perché

Maria Carla Sicilia

In media ogni famiglia pagherà il 5,3 per cento in più per l'elettricità e il 5 per cento per il gas. C'entra l'aumento dei costi delle materie prime, il nucleare francese e gli sconti per gli energivori 

L'aggiornamento trimestrale dei prezzi di elettricità e gas, pubblicato oggi dall'Autorità per l'energia, comporterà un rincaro delle bollette delle famiglie italiane fin dal prossimo gennaio. Diversi fattori, legati sia al costo della materia prima che ai costi fissi, concorreranno a un incremento del 5,3 per cento sulle bollette elettriche e del 5 per cento su quelle del gas. "Si tratta di aumenti delle tariffe del tutto sproporzionati e che avranno un impatto elevatissimo sui nuclei familiari numerosi e sulle famiglie a reddito medio-basso", afferma il presidente del Codacons, mentre il presidente di Federconsumatori lancia l'allarme sul prezzo del gas: “L'aumento nel periodo invernale è un fatto consolidato, sul quale è giunto il momento di indagare meglio”. Indagando meglio si scopre che, secondo le più basilari leggi di mercato, quando aumenta la domanda di un bene, in questo caso il gas, come avviene durante ogni inverno, aumenta di conseguenza anche il suo costo. Ci sono anche degli altri fattori che incidono sul prezzo finale, come l'attuale stato di manutenzione di un gasdotto che collega l'Italia ai giacimenti olandesi, l'adeguamento dei prezzi di trasporto e di quelli di distribuzione: ma tutti insieme non arrivano neppure a un punto percentuale. Quello che fa la differenza, tanto da arrivare al 5 per cento, è l'aumento delle quotazioni del gas stesso attese nei mercati all'ingrosso nel prossimo trimestre, che si riflettono poi sul prezzo pagato dal consumatore finale. Una normale dinamica di mercato.

   

Quanto all'elettricità, i motivi che determinano l'aumento del prezzo finale sono più complessi e riguardano sia il costo della materia prima, influenzato da molti fattori, che gli oneri generali di sistema. Tra questi ultimi, la novità del prossimo anno in bolletta sono gli sgravi agli energivori, le grandi imprese che consumano molta elettricità e gas per produrre beni e servizi. La decisione di caricare sui consumatori domestici l'onere a favore di un sollievo per le grandi imprese energivore è una scelta di politica industriale che allinea l'Italia alle prassi perseguite nel resto d'Europa. Può piacere o meno. Il discrimine della scelta sta nella volontà di continuare a mantenere degli asset industriali ad alta capacità occupazionale quali l'industria dell'acciaio, della ceramica, del vetro oppure, scegliendo altrimenti, decidere di spingerle fuori mercato. Si può inoltre fare una valutazione dei costi e dei benefici. Per mantenere degli apparati industriali rilevanti il maggiore costo annuo per famiglia (per una bolletta media della elettricità di 500 euro annui) sarebbe di circa 10 euro in più, meno di una cena in pizzeria per una persona. E purtroppo quando si parla di sviluppo economico non esistono pasti gratis. Gli sgravi che non verranno messi sul conto dei grandi stabilimenti sono complessivamente 1,7 miliardi e riguardano principalmente gli incentivi per le rinnovabili. Una parte di questi, pari a 250 milioni, sarà spalmata sulle bollette delle famiglie, per la maggior parte (il 70 per cento) su quelle che consumano di più (più di 1.800 kWh/anno). Un meccanismo che contribuisce per l'1,9 per cento all'aumento medio previsto in bolletta, mentre le altre voci di spesa che già sono sul conto delle famiglie resteranno stabili, pur continuando a pesare circa la metà del totale. Tutti sussidi – dagli incentivi alle rinnovabili, alle spese per il decommissioning nucleare fino al bonus elettrico – che a ottobre il presidente uscente dell'Autority, Guido Bortoni, aveva già definito come un “segno preoccupante di veri e propri mercati a due velocità”, riferendosi al retail e all'ingrosso.

   

Il resto del rincaro sarà determinato per il 3,8 per cento dalla crescita del costo di approvvigionamento della materia prima. In questo caso uno dei fattori che influisce è l'aumento dei costi di acquisto dell'elettricità: stiamo pagando di più l'elettricità che consumiamo anche per via della manutenzione di alcune centrali nucleari francesi che determina una produzione inferiore oltralpe, da cui importiamo circa il 10 per cento dei volumi totali. Da circa un anno in Francia la produzione nucleare è sotto stress, provata da interruzioni disposte dall'autorità francese per la sicurezza nucleare e da manutenzioni varie che hanno portato a un totale di cinque il numero dei reattori spenti. Così, se da un lato abbiamo iniziato a produrre l'elettricità che ci è venuta a mancare con le nostre centrali a gas – decisamente più costose, e su cui grava l'aumento del gas stesso – dall'altro ci siamo ritrovati a vendere alla Francia una parte delle nostre produzioni, ritrovandoci così ad avere una domanda maggiore che ha determinato l'aumento dei costi. La scarsità di piogge che ha accompagnato l'anno appena trascorso ha poi messo in difficoltà le centrali idroelettriche, praticamente ai minimi storici, che rappresentano una fonte stabile ed economica, sostituita in questi mesi dal gas.

   

Altro fattore tra le righe è la ripresa dei consumi, che ha contribuito a determinare una risalita dei prezzi all'ingrosso. La domanda elettrica è cresciuta del 1,6 per cento nei primi 11 mesi del 2017, confermando la ripresa delle attività produttive.

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