LaPresse / Roberto Monaldo

Contro la super procura bancaria

Redazione

Perché diffidare del metodo dell’inquisizione permanente sulle banche

Ieri sul Foglio, puntellati da pareri esperti, avanzavamo la speranza che la commissione d’inchiesta Bicamerale sulle crisi bancarie arriverà a suggerire, nella sua relazione conclusiva attesa a gennaio, una riorganizzazione delle competenze di Consob e Banca d’Italia o almeno dei metodi di comunicazione tra le due Autorità che vigilano sul sistema bancario, finora in modo deficitario come emerso dalle 200 ore di audizioni a Palazzo San Macuto. L’auspicio è che la riorganizzazione delle Autorità verrà affidata alla prossima legislatura resta, d’altronde è nelle intenzioni della commissione. Ma è una speranza posticcia, superata da un timore che la sovrasta. A leggere i resoconti di stampa, e l’enfasi dei principali quotidiani, l’unico punto concreto di concordia tra tutti i partiti pare infatti quello di dotare l’apparato giudiziario di poteri ulteriori in fatto di reati finanziari, ovvero creare una “super procura”, com’è stata battezzata, che si occupi delle eventuali violazioni, o meglio di creare dei “pool” specializzati. Sembra una scorciatoia improduttiva e scivolosa. Il rischio è di appagare la bulimia dell’apparato giudiziario, con relative disfunzioni organizzative, o peggio di vedere proliferare inchieste acchiappa farfalle à la Trani. Però la commissione politica potrà dire che il suo lavoro non è stato inutile se i banchieri malandrini saranno marcati da una squadra di inquirenti pronta e preparata (ci saranno dei corsi formativi ad hoc?). L’autorità giudiziaria potrà fregiarsi di intervenire per riempire un vuoto ormai manifesto delle Autorità competenti (come se non segnalassero già alle procure eventuali reati). Così tutti quanti avranno le mani pulite, dopo essersele lavate. E le disfunzioni di fondo resteranno.