Così la Commissione banche si è trasformata nella Commissione Boschi

Redazione

Dopo Vegas e Visco tocca all'ex ad di Unicredit Ghizzoni: “L'ex ministro mi chiese se era pensabile valutare l'acquisto di Banca Etruria. Ma da lei nessuna pressione. Ricevetti anche una mail di Carrai”

“Non ho subito alcuna pressione”, “non ho fatto alcuna pressione”. Sono le due frasi più ripetute, da giorni, fuori e dentro le stanze della Commissione d'inchiesta sulle banche. Le stesse che hanno trasformato un organismo nato con l'obiettivo di andare al fondo delle ragioni della crisi che ha colpito negli ultimi anni il nostro sistema bancario, in un tribunale determinato a processare (e condannare) un unico imputato: Maria Elena Boschi.

 

Il Foglio ha spiegato, fin dall'inizio, i rischi di un'operazione che per alcuni (pochi purtroppo) era sbagliata in origine e che tutte le forze politiche hanno sostenuto nella speranza di poterla poi riutilizzare come volano per la campagna elettorale. I risultati sono ora davanti agli occhi di tutti: la storia delle banche italiane, dei loro difetti, degli errori veri o presunti di chi doveva vigilare e non l'ha fatto non interessa ad alcuno. Molto più interessante, e mediaticamente appetibile, occuparsi di Banca Etruria e della famiglia Boschi.

 

Così la domanda è sempre la stessa: l'allora ministro delle Riforme del governo Renzi fece pressioni per salvare la banca nel cui consiglio di amministrazione sedeva il padre? Anche la risposta non cambia. Dal presidente della Consob Giuseppe Vegas al governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco tutti hanno incontrato Boschi e, in qualche modo, hanno affrontato l'argomento Banca Etruria. Ciò nonostante, aggiungono, non hanno “subito pressioni”. Parole che, con regolarità, si accompagnano a quelle della diretta interessata che, con orgoglio, rivendica di “non aver mai fatto pressioni” per salvare Banca Etruria. 

 

E così si va avanti da giorni. In un paese normale il fatto che un politico si occupi di una banca che opera sul proprio territorio (e che nel caso di Arezzo contribuisce in maniera determinante a sostenere il sistema economico della città), non desterebbe alcuno scandalo. Ma il continuo inseguirsi di rivelazioni su incontri, sms, chiacchierate informali “senza pressioni”, basta per spingere le opposizioni, le più entusiaste della “metamorfosi” della Commissione banche, a chiedere le dimissioni di Boschi. 

 

Ultima puntata in ordine di tempo quella che è andata in onda stamattina. La Commissione ha audito l'ex ad di Unicredit, Federico Ghizzoni. Il quale, come chi lo aveva preceduto, ha dichiarato: “Il 12 dicembre 2014 incontrai Boschi da solo a Palazzo Chigi. Il ministro mi chiese se era pensabile per Unicredit valutare un'acquisizione o un intervento su Etruria: risposi che non ero in grado di dare nessuna risposta. Il ministro convenne, ci lasciammo con l''accordo che l''ultima parola spettava a Unicredit che avrebbe deciso solo nel suo interesse. Fu un colloquio cordiale, e non avvertii pressioni. La considerai una richiesta abbastanza normale: un ceo di una banca come Unicredit deve essere in grado di mettere in chiaro che è la banca che decide, messaggio che fu assolutamente condiviso”.

 

Ghizzoni ha anche aggiunto di aver ricevuto, il 13 gennaio 2015, “una mail da Marco Carrai che mi sollecitava una risposta su una eventuale acquisizione di Banca Etruria. Risposi che stavamo esaminando la situazione”. “Non l''ho mai considerato un interlocutore politico - ha spiegato - L'ho considerato una persona che parla per conto di altri, un privato che chiede una cosa non di sua competenza. Se ci fosse stata l'intenzione di esercitare una forte pressione sarebbe stato più facile fare una telefonata. Una mail lascia spazio alla banca per decidere. Rimane il sollecito, ma non è stato fatto in maniera pesante”. Insomma anche in questo caso “nessuna pressione”.

 

Le parole di Ghizzoni, in realtà, riportano all'ordine del giorno la querelle tra Maria Elena Boschi e Ferruccio De Bortoli. Nel suo ultimo libro, l'ex direttore del Corriere della sera aveva raccontato l'incontro tra Ghizzoni e Boschi, e per questo è stato querelato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Le dichiarazioni dell'ex ad di Unicredit, però, sembrano confermare la versione di De Bortoli che nel suo libro ha scritto: “L'allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all''amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all'amministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere”.   

 

In ogni caso Boschi, su Twitter, commenta soddisfatta. 

  

 

Nel frattempo dalla Lega al M5s, passando per Forza Italia, Fratelli d'Italia e Liberi e uguali, tutti chiedono un passo indietro di Boschi. Matteo Orfini, presidente del Pd e membro della Commissione banche la difende: “Ghizzoni spiega che, a differenza di quanto scritto da De Bortoli, l'opzione acquisto di Etruria era già aperta prima del colloquio con Boschi. Direi che possiamo passare oltre e lasciare le strumentalizzazioni a chi non ha idee e progetti da presentare al paese”. Sarà, ma l'impressione è che il lavoro della “Commissione Boschi” non sia ancora finito.