Ecco l'effetto del piano Industria 4.0 sulla ripresa industriale

Marco Fortis

Nel terzo trimestre 2017 gli investimenti in macchinari, Ict e mezzi di trasporto sono cresciuti dell'8 per cento. Record europeo

Non fatevi ingannare dalla lieve correzione al ribasso (da più 0,5 per cento a più 0,4 per cento) che l’Istat ha operato la scorsa settimana sui dati del pil italiano nel terzo trimestre 2017 rispetto alla stima preliminare di un mese fa. Va sempre ricordato che si tratta di variazioni statistiche di dati congiunturali che scaturiscono da complesse destagionalizzazioni e prevedono anche correzioni in base ai giorni lavorativi effettivi. Affidatevi invece a delle belle cifre nude e crude, quelle che poi vengono utilizzate alla fine di ogni anno per calcolare la reale crescita ufficiale del pil. Prendete cioè i dati grezzi del pil italiano nei primi nove mesi del 2017, pari a 1.190,9 miliardi di euro a valori concatenati, e confrontateli con quelli dei primi nove mesi del 2016, pari a 1.172,7 miliardi: la crescita fin qui accumulata quest’anno dal nostro paese è più 1,6 per cento, perfino un pelo più alta di quella della Francia (che sta resuscitando economicamente con Emmanuel Macron). Questo per fare subito chiarezza ed evitare di deprimerci il morale.

   

Ma torniamo ai dati congiunturali diffusi venerdì 1° dicembre dall’Istat. Come nasce il più 0,4 per cento di crescita dell’economia italiana nel terzo trimestre? La nostra domanda economica interna in realtà resta estremamente viva, avendo contribuito all’incremento del pil per uno 0,7 per cento in più rispetto al secondo trimestre, di cui più 0,5 per cento di investimenti e più 0,2 per cento di consumi privati mentre quelli pubblici (come è ovvio in un paese con un alto debito) sono rimasti fermi. Non solo. Nel terzo trimestre anche la domanda estera netta (cioè l’export meno l’import) ha generato sviluppo contribuendo all’aumento del pil per un altro 0,2 per cento. Peccato però che la variazione negativa delle scorte, all’opposto, abbia sottratto apporto alla crescita, togliendo al pil uno 0,5 per cento.

   

Dal lato della produzione la parte del leone l’ha fatta l’industria in senso stretto, il cui valore aggiunto nel terzo trimestre di quest’anno è cresciuto dell’1,6 per cento rispetto al secondo trimestre e del 3,2 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2016. La crescita del valore aggiunto complessivo è stata invece rallentata dall’agricoltura (soprattutto per le sfavorevoli condizioni meteorologiche) e dai servizi bancari.

  

A questo punto la domanda vera che ci si deve porre è: il quarto trimestre potrà ancora aggiungere crescita marginale al pil italiano del 2017? Noi riteniamo che un più 1,6 per cento finale sarebbe già un ottimo traguardo, date anche le previsioni pessimistiche prevalenti solo fino a qualche mese fa. Un traguardo non irrealizzabile per almeno tre ragioni. La prima ragione è banalmente che le scorte, fortemente ridottesi nel terzo trimestre, andranno un po’ ricostituite nel quarto trimestre. La seconda ragione è che sarà probabilmente la produzione industriale a trainare ancora il nostro pil nel quarto trimestre. Il Centro studi Confindustria stima che la produzione industriale italiana sia aumentata dello 0,8 per cento a ottobre e dello 0,6 per cento a novembre. Dunque il trend positivo dell’industria non sembra destinato a fermarsi e ciò produrrà certamente effetti positivi sul pil. Anche Markit ha diffuso dati molto buoni sull’andamento del manifatturiero italiano a novembre, segnalando “la più forte crescita del settore dal 2011”. Infine, la terza ragione che ci induce a un razionale ottimismo è che gli investimenti sono in forte accelerazione grazie alla spinta del Piano Industria 4.0. Nel terzo trimestre 2017 gli investimenti in macchinari, Ict e mezzi di trasporto sono cresciuti nel nostro paese addirittura dell’8 per cento rispetto al trimestre precedente: un incremento record a livello europeo. Tutto lascia presagire che anche nel quarto trimestre questo trend continuerà. Sicché l’1,6 per cento di crescita del pil italiano nel 2017 (fatto proprio recentemente anche dalle previsioni dell’Ocse) appare a questo punto a portata di mano.

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