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Oltre Thaler. Come il sentimento influenza investimenti e spesa

Alberto Brambilla

Quanto conta l’ottimismo per dare una "spinta" (più o meno gentile) all'economia

Roma. In Economia l’Accademia svedese sta probabilmente cercando di allargare il suo campo alla Psicologia. Il premio Nobel assegnato a Richard Thaler è infatti un premio per l’economia comportamentale, per l’importanza costante della psicologia nel processo decisionale e per il suo famoso bestseller “Nudge”, scritto con Cass Sunstein. La logica del pensiero di Thaler è facile da comprendere: il modo in cui presenti le informazioni ha delle conseguenze sul comportamento delle persone e la comprensione di questo fatto può essere usata da un apparato burocratico per indirizzare la moltitudine in un senso che viene ritenuto socialmente ottimale, attraverso una spinta gentile. Per esempio seguire una alimentazione corretta, e altro.

 

E’ ovvio che se il prezzo dei pomodori continua a crescere è molto difficile che la gente compri più pomodori, a prescindere da come viene presentata la scelta. Thaler tuttavia vuole dimostrare che gli attori economici non agiscono sempre in modo razionale, come in effetti avviene, e vanno guidati in certi casi. A proposito di scelte irrazionali i mercati finanziari sono una miniera dove trovarne in quantità, per esempio in caso di panico gli investitori si comportano come un gregge di pecore in ciascuno imita quel che fa la massa (perché pensa che abbia più informazioni di lui).

 

Uno degli articoli di Thaler più citati dagli accademici è sulla finanza e sul comportamento degli investitori – “Perché i mercati azionari reagiscono troppo?” – scritto insieme all’economista comportamentale Werner De Bondt nel 1985. In questo studio sono stati analizzati i guadagni sugli investimenti alla Borsa di New York lungo un periodo di tre anni. La scoperta sorprendente è che le azioni migliori all’inizio del periodo sono quelle che hanno fatto peggio del mercato alla fine del periodo, viceversa il contrario, le peggiori hanno fatto meglio dell’indice. In entrambi i casi gli investitori reagivano in modo emotivo alle notizie. Dopo un po’ chi perdeva ha capito che il suo pessimismo non era giustificato, migliorando la sua posizione. Mentre chi era ottimista ha compreso che l’esuberanza era esagerata, peggiorando la sua condizione. Con questa teoria Thaler ha anche voluto spiegare il “January effect”, cioè perché per un certo periodo il mercato americano faceva molto bene nel primo mese dell’anno (non appena scoperto “l’effetto gennaio” purtroppo non si è più verificato in modo sistematico). La percezione della realtà in base alle informazioni a disposizione è un fattore determinante del comportamento di un attore economico. Se un governo dovesse piegare le informazioni come se stesse praticando una “spinta gentile”, ovvero per determinare una reazione desiderata all’interno della comunità, avrebbe un ufficio propaganda a tempo pieno. Un clima economico positivo è però capace di innescare un processo virtuoso, ed più simile a una profezia che si auto avvera.

 

La fiducia porta crescita, report Bce

Il sentimento, un atteggiamento, un pensiero o un giudizio provocato dalla sensazione, conta e può fare la differenza nel determinare la prosecuzione di un ciclo economico nel bene o nel male. Nel working paper “More than a feeling: confidence, uncertainty and macroeconomic fluctuations” gli economisti della Banca centrale europea Laura Nowzohour e Livio Stracca dimostrano che c’è una correlazione tra fiducia e ottimismo e crescita, e viceversa il contrario se domina il pessimismo. Gli economisti hanno analizzato per la prima volta sei indici relativi al sentimento per 27 paesi avanzati in un arco di tempo di trenta anni (dal gennaio 1985 all’ottobre 2016) includendo la fiducia dei consumatori e delle imprese, l’indice dell’incertezza basato sul monitoraggio degli articoli di stampa, la volatilità dei mercati finanziari e i movimenti asimmetrici dei corsi azionari (se i movimenti al ribasso predominano su quelli al rialzo). L’evidenza notevole che emerge dal rapporto della Bce è che soprattutto il sentimento dei consumatori rappresenta un meccanismo di trasmissione della fiducia nell’economia reale e che l’indicatore si muove all’unisono tra paesi avanzati, ad esempio la correlazione tra Italia e Germania è alta. Secondo la Bce, la fiducia dei consumatori è associata in modo positivo all’inflazione futura, e alla passata o contemporanea produzione industriale, mentre in modo negativo in caso di aspettativa di una riduzione del tasso di occupazione. A differenza degli altri indicatori relativi al sentimento degli attori economici, però, la fiducia dei consumatori è sia un indicatore del ciclo economico sia un fattore capace di svolgere ruolo attivo nel ciclo. Gli studiosi della Bce osservano che un aumento della fiducia dei consumatori è anticipato da un aumento della produzione industriale. L’aumento della fiducia è correlato anche con un leggero aumento dell’inflazione (0,4 per cento) e un declino del tasso di disoccupazione, un aumento del 2,5 per cento nell’erogazione di credito bancario a dodici mesi dal rialzo, e un aumento dei prezzi immobiliari. La fiducia dei consumatori e delle famiglie agisce in sostanza come un motore di fondo internazionale capace di influenzare le variabili macroeconomiche in modo simultaneo e anche in prospettiva futura, in quanto il “sentimento” è un potenziale fattore chiave dell’attività economica. Ammesso che qualcuno non si comporti in maniera apparentemente irrazionale, magari tenendo i soldi sotto il materasso mentre nei sondaggi degli istituti statistici dice di sentirsi tranquillo, la fiducia è molto più che un’emozione. In ogni caso Thaler troverebbe il modo per fargli aprire il portafoglio comunque.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.