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Il limite della “spinta gentile” di Thaler

Luciano Capone

Esempi di un “paternalismo libertario” che affascina. Ma se il “nudge” teorizzato dal premio Nobel per l'Economia diventa spintone?

Roma. Dopo che l’Accademia svedese ha assegnato il premio Nobel per l’economia a Richard Thaler, c’è da scommettere che il concetto di “nudge” avrà una nuova spinta. L’economista dell’università di Chicago, che ha da poco compiuto 72 anni, ha vinto il prestigioso riconoscimento per i suoi studi nell’economia comportamentale, quel filone che studia gli effetti dei fattori psicologici e cognitivi sulle scelte economiche degli individui e che ha già ottenuto un riconoscimento nel 2002 con il Nobel a Daniel Kahneman e Vernon Smith.

 

Thaler “ha inserito ipotesi psicologicamente realistiche nelle analisi del processo decisionale economico ­– si legge nella motivazione dell’Accademia reale svedese – esplorando le conseguenze di una razionalità limitata, di preferenze sociali e di mancanza di autocontrollo, ha spiegato mostrato come questi tratti umani influenzino sistematicamente le decisioni individuali e gli esiti del mercato”. Esplorando concetti come quello della “razionalità limitata” e la mancanza di “autocontrollo”, Thaler ha aggiunto qualche elemento in più per spiegare il comportamento economico staccando gli individui dal modello stilizzato e semplificato di agente pienamente razionale.

 

Gli uomini non sono pienamente razionali, fanno un sacco di cose che non avrebbero voluto fare e non ne fanno altrettante che riterrebbero giuste. Nella sua teoria economica del “self-control”, Thaler ricorda che in molte scelte c’è un conflitto interiore tra le preferenze di oggi e quelle di domani, in ognuno di noi convive sia la lungimiranza per il benessere nel lungo termine sia la miopia che punta al godimento immediato. Un altro filone di studi di Thaler riguarda le preferenze sociali, ricordando che la realtà non funziona solo secondo le curve di offerta e domanda, ma contano anche fattori come la correttezza e la lealtà. Ci sono scelte che sarebbero perfettamente razionali e sensate secondo una logica economica, che invece non vengono accettate dai consumatori.

 

In un articolo scritto con il Nobel Kahneman si fa l’esempio dei biglietti delle partite di football che, secondo una logica di efficienza economica, specialmente nei match importanti dovrebbero essere venduti all’asta, al miglior offerente, e invece secondo una logica di “fairness” vengono venduti in ordine di tempo, a chi arriva primo. Questa riflessione è stata ripresa più recentemente da Thaler per criticare le politiche aggressive di prezzo di aziende come Uber di praticare il cosiddetto “surge pricing”, ovvero l’aumento delle tariffe quando c’è maggiore richiesta di taxi. Da un punto di vista economico, la scelta è impeccabile: quando la domanda sale, salgono anche i prezzi (e in questo modo si segnala ad altri offerenti che è conveniente prestare il servizio, facendo di conseguenza riequilibrare i prezzi). Ma quando i prezzi salgono notevolmente, in particolare in occasione di scioperi o attentati, l’azienda diventa impopolare e i consumatori possono arrivare a boicottarla. Se il “surge pricing” spiega perché in una giornata di pioggia compaiano all’improvviso tanti venditori ambulanti di ombrelli, il timore di una sanzione reputazionale è ciò che spinge un negozio di ombrelli a non alzare i prezzi durante un temporale. Fare una cruda politica di prezzo alla lunga può costare caro e Thaler l’ha spiegato con un tweet quando Londra ha deciso di proibire Uber: “Mi mancherà Uber a Londra. Ma ecco perché non è un buon business avere come filosofia aziendale quella di puntare il dito medio in aria”.

 

Però ciò per cui Thaler è più noto è il nudge, di cui si accennava all’inizio, (il “pungolo” o la “spinta gentile”), un concetto descritto in un libro di grande successo scritto con il giurista di Harvard Cass Sunstein. Vista la nostra imperfezione, la nostra tendenza a fare cose che noi stessi riteniamo sbagliate, lo scopo del nudge è di orientare le persone verso scelte più giuste senza limitarne la libertà. Gli autori chiamano questo approccio “Paternalismo libertario”: niente divieti o sanzioni, ma semplicemente cambiamenti nel quadro normativo che ci spingono a fare la scelta giusta. Un'applicazione di successo riguarda i piani pensionistici offerti dalle imprese, che spesso non vengono sottoscritti dai lavoratori per pigrizia o disattenzione. Per spingere gentilmente gli operai a sottoscrivere il piano, basta invertire la decisione: l’iscrizione è automatica e ai lavoratori resta la libertà di ritirare l’adesione. Lo stesso principio è stato applicato con successo alla donazione degli organi: la gran parte delle persone è favorevole a diventare un potenziale donatore, ma difficilmente si informa per tempo ed esprime un consenso esplicito alla donazione. Così basta introdurre il principio del silenzio-assenso, tutti siamo donatori di default, con la possibilità di negare l’autorizzazione (opt-out) per far schizzare verso l’alto la percentuale di donatori. Il concetto di nudge è affascinante e per questo negli anni è stato sempre più utilizzato dai legislatori, con proposte per “spingere gentilmente” i cittadini verso comportamenti più virtuosi. Il problema è che poi, come al solito, si tende a esagerare. Basta pensare alle sigarette: all’inizio si trattava di mettere sui pacchetti un avviso sui rischi per la salute, poi si è passati ai pacchetti anonimi, al divieto dei pacchetti da 10, fino alle immagini scioccanti di tumori e cancrene. Così con gli alimenti: mettere le verdure in bella vista, eliminare le merendine dai distributori automatici, diminuire la grandezza dei piatti per assumere meno calorie, ridurre la capienza dei bicchieri per far bere meno bibite, tassare le bevande zuccherate e i cibi grassi. Il rischio di accettare qualche spinta gentile è che poi ne arrivino decine, sempre meno gentili, magari con strattoni e qualche ceffone.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali