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Alla stroncatura della Catalexit manca solo la cassazione di Draghi

Renzo Rosati

Spesso il presidente della Bce ha ripetuto che “dall’euro non si esce”, e infatti i catalani non vorrebbero affatto uscire dalla moneta unica. La secessione comporterebbe l’uscita dall’Ue

Roma. Ricordate i referendum sull’uscita dall’euro annunciati, e poi pare accantonati, da Beppe Grillo e Matteo Salvini? E il dibattito “alla luce del Sole” promosso dall’economista Luigi Zingales? Se quelle erano chiacchiere sovraniste, la realtà è a Barcellona. Con Catalogna e Spagna in equilibrio tra secessione e (fragile) compromesso, e banche e aziende in fuga per rimanere all’interno dell’Unione europea e dell’euro, una persona, artefice materiale della tenuta economica dell’Europa e della sua moneta, è rimasta in silenzio. Si tratta di Mario Draghi che in occasione di un referendum ben diverso da quello catalano (separatista dalla Spagna ma non dall’Europa), e cioè la consultazione con la quale il 5 luglio 2015 i greci bocciarono gli aiuti della Troika, lasciò immutati i finanziamenti della Bce alla Banca di Grecia e quindi agli istituti di credito, anziché fornire liquidità come chiedeva il premier Alexis Tsipras, venendo accusato di aver causato l’assalto ai bancomat. Il governo di Atene decise poi di disattendere il 61 per cento di “no” di quella consultazione, trattò, e ora la Grecia si riaffaccia sui mercati, i bancomat sono liberi.

 

Spesso il presidente della Banca centrale europea ha ripetuto che “dall’euro non si esce”, e infatti i catalani non vorrebbero affatto una Catalexit che li privi della moneta unica, che per anni, assieme ai fondi comunitari, è stato strumento del loro boom. Ma la secessione comporta l’uscita dall’Ue, e quindi dall’euro. Su questo i trattati sono chiari, e lo scrive anche un documento di 72 pagine della Generalitad de Catalunya di ottobre 2014, ben prima del referendum secessionista. Il titolo, “Percorso per l’integrazione della Catalogna nell’Unione europea”, dà per scontati l’uscita ma anche un rapido rientro, esaminando più variabili. Il punto di partenza sono i trattati europei riassunti ufficialmente nel 2004 da Romano Prodi, allora presidente della Commissione: “Quando parte del territorio di uno stato membro si separa da quello stato, ad esempio proclamando l’indipendenza, i trattati non gli verranno più applicati. La regione di nuova indipendenza diverrebbe a tutti gli effetti un paese terzo rispetto all’Unione”. Richiamata più volte in dichiarazioni e atti di Bruxelles, e dai successori di Prodi José Barroso è Jean-Claude Juncker, e ancora ieri dal portavoce della Commissione Alexander Vinterstein, lo stato dei fatti è questo, e fra i trattati c’è in prima linea quello dell’euro. Ma Draghi è rimasto silente, benché l’abbia chiamato in causa Bruno Le Maire, ministro delle Finanze francese: “La Bce segue molto attentamente la situazione, lo dico per rassicurare i risparmiatori francesi”. Però con la Bce i governi non hanno a che fare, e Draghi se parlerà lo farà di sua iniziativa.

 

Molto più rilevanti sono le parole, alla vigilia delle elezioni catalane del 2015 ma tornate oggi di attualità, di Luis Linde, governatore del Banco de España e membro del board della Bce, che ipotizzò controlli e blocchi su prelievi e capitali in caso di secessione. Allora l’Aeb e la Ceca, le associazioni delle banche e delle casse di risparmio spagnole, annunciarono in una nota congiunta il rischio di restrizioni al credito in caso di decisioni indipendentiste “che avrebbero comportato l’automatica uscita dall’euro”. Alla vigilia del referendum Oriol Junqueras, vicepresidente della Catalogna, ha scritto a Draghi diffidandolo dall’autorizzare il BdE a prendere misure eccezionali. Ora non solo le banche (Banco de Sabadell, Caixa, Banca Mediolanum) lasciano Barcellona. Si trasferiscono in Spagna anche le industrie che, tra l’altro, beneficiano dell’acquisto di obbligazioni societarie dell’Eurotower. Gas Natural, 9,6 miliardi di bond in mano alla Bce, ha trasferito ieri la sede legale a Madrid. Abertis, colosso di autostrade, con 3,9 miliardi di bond, dovrebbe seguirla.