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Dare credito alla demagogia

Redazione

Perché la commissione sulle banche potrebbe indagare sulla sua utilità

A cosa serve questa assemblea? Appena costituita, la commissione parlamentare d’inchiesta sulla crisi bancaria potrebbe cominciare a indagare su quale sia la sua ragion d’essere, dal momento che da queste parti pare inutile. I lavori iniziano con ritardo e certamente, con estremo affanno, non arriveranno a concludersi entro febbraio, a fine legislatura. Il vasto programma che si era prefissata è stato ridimensionato rendendola simile a un dibattito da talk-show.

 

L’obiettivo doveva essere quello di indagare “gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi finanziaria globale”, la gestione degli istituti “coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto”, la correttezza del collocamento piccoli risparmiatori di prodotti finanziari “ad alto rischio” e “l’efficacia delle attività di vigilanza” poste dalle autorità di settore. Un’ambizione invero ampiamente risolta dalla letteratura sulla crisi finanziaria che i 40 parlamentari componenti avrebbero avuto difficoltà a riassumere – al di là della necessità dell’opera di sintesi. L’intento positivo avrebbe dovuto essere quello di ricostruire la fiducia sfilacciata dei risparmiatori nel sistema bancario. E che sia un obiettivo largamente compromesso l’ha ammesso anche Stefano Fassina, ex viceministro dell’Economia, transitato dal Pd in Sinistra italiana. L’obiettivo sotteso, e per niente segreto, era quello di agitare media e masse per intralciare la riconferma di Ignazio Visco a governatore della Banca d’Italia o comunque per motivare una nomina politica per l’incarico. Sull’operato della vigilanza fu Matteo Renzi a premere anche per dimostrare la trasparenza delle decisioni sulle vicende di Etruria. Tuttavia la linea continuista del Quirinale pro-Visco sta prevalendo.

 

L’idea di avvicinarsi alla campagna elettorale incitando alla gogna bancaria invece permane, ed è ormai l’unica ragion d’essere di questa commissione cui sono stati conferiti i poteri dell’autorità giudiziaria. A che pro dal momento che la magistratura ha avviato indagini (o inflitto sanzioni) ad amministratori e banche capitolati negli ultimi due anni? Da questo punto di vista la nomina prudente di Pier Ferdinando Casini a presidente rende velleitario un intento inquisitore ed è un argine di buon senso a un organismo che altrimenti sarebbe strumento per aizzare la caccia alle streghe che hanno “tradito il risparmio”. Ha detto bene a ilfoglio.it il vicepresidente della commissione Mauro Marino, senatore Pd: con un’industria bancaria in fase di positiva ristrutturazione, che non è più osservata con estremo sospetto dai mercati, “dare ora una mazzata al sistema con un uso improprio della commissione, sarebbe da irresponsabili”. La “road map” della commissione potrebbe dunque essere quella di limitare la sua demagogia.

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