Mario Draghi (foto LaPresse)

Tutta la pazienza necessaria

Redazione

Draghi vede la riduzione degli stimoli ma allontana la stretta dei tassi

Nonostante le preoccupazioni del Consiglio direttivo della Banca centrale europea per un costante apprezzamento dell’euro dal mese di luglio, il presidente Mario Draghi ha annunciato che un piano per la graduale riduzione degli stimoli all’economia dell’Eurozona verrà rivelato – salvo imprevisti – alla prossima riunione del 24 ottobre, a segnalare che la ripresa dell’area è robusta e diffusa. “Questo autunno decideremo sulla modulazione dei nostri strumenti di politica monetaria oltre la fine dell’anno” e “il grosso delle decisioni saranno prese in ottobre”, ha detto Draghi in conferenza stampa ieri, rafforzando l’euro sul dollaro al cambio di 1,20. Dopotutto la Bce si riserva comunque di aumentare la potenza di fuoco in caso di rovesci.

 

D’altronde lasciare aperta ogni opzione è prudente visti i chiari di luna oltreoceano. Dopo l’annuncio di dimissioni dalla vicepresidenza di Stanley Fischer (docente di Draghi al Mit), sono cinque i posti vacanti nel board della Fed se si considera che il presidente Janet Yellen potrebbe non essere riconfermata a febbraio – e non sarà il ripudiato Gary Cohn a sostituirla. Il che lascia a Donald Trump la chance di modellare la Fed a sua immagine. Non sono stati dati ulteriori dettagli ma è plausibile che a partire da gennaio gli acquisti di titoli pubblici della Bce verranno scalati di 10 miliardi di euro al mese, dai 60 attuali. Il Consiglio ha discusso ed è d’accordo sulla consistenza della ripresa economica dell’Eurozona, dove sono stati creati 6 milioni di posti di lavoro dal 2013 e le previsioni di crescita per il 2017 sono state riviste al rialzo dall’1,9 al 2,2 per cento. Ma al momento non è possibile dire che sia una ripresa autonoma dalle misure accomodanti della Bce dalle quali è tuttora “dipendente”. Draghi ha infatti puntualizzato che i tassi di interesse non aumenteranno se non molto dopo che il programma di acquisto titoli pubblici, chiamato Quantitative easing, sarà terminato. Le aspettative per un rialzo dell’inflazione sono state riviste al ribasso per il 2018 e 2019, distanti dal target del 2 per cento, e ciò allontana ulteriormente l’inizio di una discussione sulla stretta monetaria. Draghi ha resistito alle pressioni politiche tedesche e delle banche private per una “veloce” normalizzazione della politica monetaria invocata sia dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble sia dal ceo di Deutsche Bank, l’inglese John Cryan. Per Draghi ora serve “fiducia, pazienza e perseveranza”, e questo sembra essere diventato il nuovo e saggio mantra per la fase post crisi dell’Eurozona.