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Se la democrazia diventa ostaggio della burocrazia (e tutto si ferma)

Gaetano Stella*

Da 5 adempimenti burocratici l’anno siamo passati a 858. Imprese e professionisti sono campioni mondiali di masochismo

Al direttore - Sulla manovra non ci sono spazi di manovra. La decisione del governo di blindare con il voto di fiducia la manovra correttiva dei conti pubblici ha confermato la strategia legislativa di Pier Carlo Padoan. Schiacciato tra i diktat di Bruxelles e la voragine di un debito pubblico di oltre 2 mila miliardi, il ministro dell’Economia può puntare solo a “fare cassa”, demandando al Parlamento una funzione notarile di quanto deciso, a monte, dalle burocrazie ministeriali. E il maxi-decreto licenziato il 14 giugno dal Senato non fa eccezione. La manovra, un boccone che vale circa 3 miliardi di euro per le casse erariali, prevede tra l’altro lo split payment anche ai professionisti che operano nei confronti delle Pubbliche amministrazioni seppure gli stessi siano già sottoposti alla ritenuta d’acconto, alla fatturazione elettronica e alla trasmissione trimestrale dell’Iva.

   

La manovra correttiva 2017, così come altri interventi sulla finanza pubblica degli ultimi anni, è il paradigma di una democrazia ancora ostaggio della burocrazia, governata dai corpi intermedi dello Stato. Qualsiasi modello di governo, qualsiasi sistema di riforma, anche il più efficiente ed efficace, andrà sempre a sbattere contro funzionari che, attraverso le procedure, i regolamenti e i cavilli normativi, hanno diritto di veto su qualsiasi iniziativa politica. E in un clima di campagna elettorale strisciante e permanente, dove tutto si afferma e tutto si promette, come quello che stiamo attraversando da quasi un anno, la Trumponomics dovrebbe insegnarci qualcosa.

   

La semplificazione fiscale e la sburocratizzazione della macchina dello Stato sono il fiore all’occhiello di ogni governo che si è succeduto negli ultimi tre lustri. Non più tardi di 15 anni fa i contribuenti italiani avevano non più di cinque adempimenti burocratici per ottemperare al proprio ruolo di cittadini onesti, che pagano le tasse; oggi dopo un susseguirsi infinito di manovre di semplificazione siamo arrivati a circa 858 adempimenti in un anno. Fare impresa e competere con aziende di altri paesi in tali condizioni denota la sorprendente e straordinaria capacità degli imprenditori e dei professionisti di stare sul mercato ma, al tempo stesso, incorona il trionfo della burocrazia, rendendo così imprese e professionisti dei campioni mondiali di masochismo. Se la politica soccombe alla burocrazia e abdica al proprio ruolo di governo della società possono aprirsi scenari pericolosi (se non ci siamo già in mezzo). Un sistema fiscale tarato esclusivamente sul “fare cassa” può portare, nel medio periodo, solo alla perdita della capacità competitiva del sistema economico del paese e avvilupparsi in se stesso senza crescere e senza attrarre investimenti stranieri. I liberi professionisti e le imprese hanno la responsabilità sociale di stimolare la crescita e possono essere un antidoto efficace contro la burocrazia. Viceversa vivremo nel paradosso di manovre e manovrine cucite sui vincoli di bilancio, con buona pace dello sviluppo del paese.

        

Gaetano Stella*

presidente di Confprofessioni

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