Ignazio Visco (foto LaPresse)

Le lezioni preziose che Banca d'Italia ha imparato (ma non ha scritto)

Alberto Brambilla

Perché è un peccato che Ignazio Visco abbia preferito fare le dichiarazioni più sapide durante le considerazioni finali sul 2016 e che quindi non siano state rese pubbliche nella relazione ufficiale

Roma. E’ raro, se non unico, ascoltare dalla Banca d’Italia l’ammissione di errori passati e l’impegno a migliorare il suo operato in futuro. Per questo motivo è un peccato che il governatore, Ignazio Visco, abbia preferito fare le dichiarazioni più sapide a braccio durante le considerazioni finali sul 2016 e che quindi non siano state rese pubbliche nella relazione ufficiale. Tra le lezioni più importanti tratte dalla gestione delle crisi che puntellano l’industria c’è, secondo Visco, la consapevolezza che il rapporto di fiducia con la clientela deve essere ripristinato in quanto è stato messo in discussione sia dall’introduzione del nuovo regime di risoluzione delle banche in crisi sia da una comunicazione deficitaria verso una clientela ineducata alla comprensione dei meccanismi sottesi all’acquisto di strumenti finanziari.

 

“Abbiamo infine imparato – ha concluso Visco – che dobbiamo dedicare attenzione all’informazione dell’opinione pubblica. Con il passaggio alla vigilanza europea e il recepimento delle norme europee sulle modalità di risoluzione delle banche il mondo è cambiato. Sarebbero stati necessari più gradualismo e la non retroattività di alcune novità normative: non abbiamo ottenuto né l’uno né l’altra. Abbiamo appreso, però, non solo che non vi è stata piena consapevolezza, a livello politico, nei media, da parte della clientela della trasformazione in atto, ma anche e soprattutto abbiamo visto che anche al momento della vendita al dettaglio, ben prima che si parlasse dei rischi di risoluzione, la comprensione del rischio connesso con obbligazioni subordinate – la cui offerta era del tutto legittima e prevista dalle regole internazionali sul capitale delle banche – era già molto bassa. Per non parlare di quella connessa con i rischi in capo alle azioni così capillarmente diffuse tra i soci delle banche popolari. L’educazione finanziaria è un processo di lunga lena: una discontinuità come quella connessa con l’introduzione del burden sharing, prima e del bail-in, poi, ha chiaramente mostrato quanto sia importante investirvi. E quanto sia importante il controllo della correttezza dei comportamenti e l’azione di tutela delle parti più deboli. Tutela che non può essere solo ex post. Su questo siamo impegnati e, per la nostra parte, ci impegneremo di più”.

 

In un paese arretrato nell’educazione finanziaria – dove la maggioranza della popolazione ha una percezione negativa del mestiere di banchiere – l’intento di Visco dev’essere preso in parola.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.