Fare canestro

Marco Bernardi

In attesa del ddl Concorrenza, fate almeno sapere alle famiglie che sull’energia si può risparmiare

Al direttore - Pochi giorni fa, durante una partita di basket in famiglia, ho notato la frustrazione di mio figlio di 6 anni che non riusciva a fare canestro. “Se non pieghi le gambe mentre tiri, non ce la farai mai”, ho esclamato, dando per scontato che conoscesse i fondamentali del gioco. “Non me l’ha mai detto nessuno, come faccio a saperlo?”, ha risposto lui.

 

Questo scambio di battute esprime in parte il senso della discussione in atto, alla Camera, sul completamento della liberalizzazione elettrica e sugli strumenti che potrebbero favorire un passaggio consapevole al mercato libero da parte di milioni di famiglie. La soddisfazione di mio figlio per aver fatto canestro o quella di un consumatore per aver risparmiato, può mettere in conto la piccola fatica di “piegare le gambe”, ma la condizione essenziale è un minimo di informazione preventiva.

 

La fine del regime di Maggior Tutela, che attualmente ospita circa 24 milioni di utenti che non hanno ancora aderito al mercato libero, è stata posticipata per l’ennesima volta all’interno del ddl Concorrenza, per la verità ancora congelato alla Camera con probabilità incerte di vedere la luce.

 

Le motivazioni addotte al rinvio dell’apertura totale del mercato energetico sono essenzialmente tre: il timore di un aumento dei prezzi dell’energia; il rischio del diffondersi di pratiche di vendita scorrette tramite call center e porta a porta; l’eventualità di passaggi coercitivi da un fornitore all’altro.

 

Non possiamo certo negare un principio di verità in ognuno dei rischi segnalati, ma allo stesso tempo non possiamo accettare che quelle preoccupazioni esauriscano tutti gli aspetti del fenomeno della “liberalizzazione”. Le esperienze estere di mercati già liberi forniscono, per esempio, segnali incoraggianti: nessuna esplosione dei prezzi, un miglioramento della qualità della vendita, soprattutto tramite internet, e un livello di competizione che non ha reso necessarie procedure concorsuali. In Italia però, questo livello di competizione va costruito. Diversamente, peggio delle aste, rimarrebbe solo il rischio di un meccanismo di trascinamento che regalerebbe agli incumbent clienti che non sono loro.

 

Dove individuare allora un elemento di positività, in un contesto così controverso? Bisogna cercare con la voglia di trovare, ma alla fine qualcosa salta fuori.

 

Per esempio la Tutela Simile: uno strumento nato su iniziativa dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, perché i consumatori ancora in Maggior Tutela possano iniziare a familiarizzare con il mercato libero. Si tratta di un contratto che prevede condizioni economiche standard, ma con la certezza di uno sconto una tantum diverso da fornitore a fornitore. Il consumatore può stipulare il contratto online scegliendo la società che più gli piace, con la certezza di risparmiare sull’attuale tariffa. I numeri dell’operazione sono importanti: con la Tutela Simile il risparmio complessivo garantito sulla bolletta elettrica nazionale sarebbe di oltre 500 milioni di euro per circa 8 milioni di clienti, poco meno della metà di tutta la Maggior Tutela. Non solo, tale strumento risponde puntualmente a ogni obiezione sopra elencata. I prezzi scendono, il contratto può essere finalizzato solo online, senza l’intermediazione di canali esterni e per via esclusivamente volontaria. Il tutto certificato da un ente terzo come l’Autorità.

 

Sembrerebbe un’operazione win-win, unico esempio di liberalizzazione europea realizzata in tempi brevi e con una potenziale adesione massiva. Un’iniziativa così virtuosa dovrebbe essere il fiore all’occhiello di uno stato efficiente e moderno, purtroppo non è così.

 

La Tutela Simile oggi viaggia, dopo quasi 6 mesi dal suo avvio, a circa lo 0,004 per cento di adesione, un flop assoluto. E’ come mio figlio che non piega le gambe mentre tira a canestro, perché non sa di doverlo fare. Cosa ce ne facciamo di uno strumento efficace per far risparmiare le famiglie, se poi le famiglie non sanno che possono usarlo? Come si fa ad avere un approccio così astratto da non prevedere un budget di comunicazione? Insieme alle giuste battaglie per quello che non c’è e dovrebbe esserci, una volta tanto si può partire da qualcosa che è già presente e alla portata di tutti. Migliorabile certo, ma concreto. Il governo abbia il coraggio di andare fino in fondo, dia il via a una vasta campagna di sensibilizzazione alla Tutela Simile e valorizzi le aziende che hanno investito in questo strumento, credendo fortemente nelle sue potenzialità. Potrebbe anche capitare di fare canestro.

Marco Bernardi è presidente di Illumia

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