Perché il vero scandalo bancario è che si blateri di "scandali"

Alberto Brambilla

La stampa alimenta un caso che non c’è. Altri istituti bancari sono stati contattati da Etruria per valutare operazioni di fusione

Roma. Mentre un sentimento di fiducia si diffonde nelle cancellerie europee per i dati macroeconomici positivi che segnalano una ripresa che prosegue da quindici trimestri consecutivi – soprattutto grazie alla politica ultra accomodante della Banca centrale europea – i governi dell’Eurozona potrebbero approfittarne per concentrarsi sulle debolezze del settore bancario continentale. Come scriveva ieri il Financial Times, l’Italia è “la principale fonte di instabilità dell’economia europea” per via dei rischi derivanti da un sistema bancario in difficoltà e oggetto di interventi pubblici in discussione tra le autorità italiane e quelle comunitarie, per il Monte dei Paschi di Siena e le banche venete Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Al momento le trattative sono in fase di stallo e il parere di Bruxelles sulla fattibilità di un soccorso pubblico, per cui è stato decretato lo stanziamento di 20 miliardi di euro, è atteso a giugno.

 

Tuttavia l’opinione pubblica e la stampa italiana si esercitano da giorni nell’analisi approfondita di quanto scritto dall’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, nel suo ultimo libro in merito a un interessamento di cui è venuto a conoscenza da parte del ministro Maria Elena Boschi per la Banca Etruria di Arezzo affinché Unicredit ne valutasse l’acquisto. Dal 1882 Etruria è la banca più importante della zona dove Boschi è nata e nella quale il padre Pier Luigi entrò come consigliere nel 2011 e venne promosso vicepresidente nel novembre 2014. Nell’“istituto degli orafi” ormai in crisi la speranza era di avere una sponda politica nel neonato governo Renzi. Ma l’effetto ottenuto è stato opposto nel momento in cui Etruria è stata usata a pretesto per screditare l’esecutivo di cui Boschi è stato ministro rilevante. Il ministro smentisce e minaccia querela. De Bortoli conferma ma non produce prove.

 

La stampa alimenta un caso che non c’è. Altri istituti bancari sono stati contattati da Etruria per valutare operazioni di fusione: Banca Popolare di Vicenza, con partecipazione di Banca d’Italia che ha commissariato la banca aretina nel 2015, e Bper dell’Emilia Romagna, su impulso di dirigenti dell’istituto. Nessun risultato, come si sa. Fondi anglossassoni avevano anche perlustrato la possibilità di acquistare crediti deteriorati di Etruria. Perfino de Bortoli non ci trova “nulla di strano” nel fatto che i politici “possono e debbono occuparsi dei problemi del territorio”. E dunque perché ci si occupa dello scandalo anziché dei guai più seri dell’industria bancaria? In Italia gli scandali finanziari sono spesso usati a pretesto per faide partitiche correntizie. Nel 1958 il caso Giuffrè fu usato da Fanfani per insidiare l’ex ministro delle Finanze Andreotti suo avversario nella Dc. Lo “scandalo derivati” al Monte dei Paschi anticipò le elezioni politiche del 2013. Oggi l’affaire Etruria è funzionale al Mdp di Pier Luigi Bersani per criticare Matteo Renzi che ha conquistato il Pd di cui lui era stato segretario. “L’uso dello scandalo come strumento di lotta partitica si replica da anni”, dice Giorgio Galli politologo e scrittore (ultimo saggio “Il golpe invisibile”, Kaos edizioni). “Siccome queste vicende si moltiplicano in tutti i campi continuamente, la gonfiatura mediatica degli scandali è la conseguenza della frequenza con cui si manifestano. Generare sfiducia nel sistema bancario aggrava i problemi senza risolverli, seppure sia lecito dire che questi banchieri hanno fatto di tutto per screditarsi”, dice Galli.

Di più su questi argomenti:
  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.